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Commiato a un “Capital Junkie”.

Nel mio unico e breve incontro con Marchionne, il vulcanico manager di origini abruzzesi, l’impressione era quella di trovarmi di fronte a una persona semplice, diretta, poco incline alle formalità e ai giri di parole, anzi spesso alla ricerca di qualche dettaglio, di qualche elemento comune che potesse creare una sintonia, quasi una complicità, con il proprio interlocutore.
Non aveva imbarazzi ad ammettere come la decisione di sacrificare un marchio come la Lancia fosse stata presa a malincuore, ma non ha potuto far altro che rivendicarla a causa della limitatezza delle risorse della sua azienda. Alla mia precisazione, dietro sua specifica richiesta, del fatto che avessi in garage una vettura proprio del suo concorrente più irriducibile, non se l’è sentita di controbattere, lasciandosi pure andare in una sorta di confessione durante il fulmineo tragitto in ascensore dopo la sua visita nei nostri uffici: egli stesso, a quanto pare, non era riuscito a resistere alla tentazione di portarsi a casa un prodotto dei famigerati Quattro Anelli. “Ma la convinceremo a tornare da noi”, ha detto con una decisa stretta di mano e un sorriso sicuro, fu il suo commiato quel giorno.
Caro Sergio, mi piacerebbe poterti riavere qui e parlare con te dell’annunciata Alfa Romeo GTV; quella sì, che pare avere tutte le carte in regola per far sì che un esterofilo per necessità come chi scrive la smetta finalmente di comprare tedesco: un motore che si annuncia ai vertici della sua categoria, una distribuzione dei pesi bilanciata, la propulsione sull’assale giusto, e un pizzico di ibrido che pare diretto discendente dell’esperienza nella Formula 1 moderna.
Se non era per te e per la determinazione con la quale hai sostenuto le tue idee a costo di far ripartire i tuoi ingegneri da un foglio bianco, la Giulia attuale da cui deriverà questo bolide avrebbe rischiato di diventare l’ennesimo esercizio di “badge engineering” tanto caro ai manager torinesi quanto disastroso per l’immagine e le vendite.

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