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Grecia. Autolesionismo e suicidio: a Lesbo, l’isola dove i bambini rifugiati vogliono morire.

Bambini che per la disperazione, per le ferite fisiche, ma soprattutto mentali, decidono di uccidersi o di farsi del male. È questo che sta accadendo dentro i confini della civile Europa, nel campo profughi di Moria, a Lesbo. Così, lì dove è nata la cultura Europea, muore una parte di quell’umanità che ne ha fatto da fondamento. Un’emergenza quella cui sta cercando di correre ai ripari Medici senza frontiere che denuncia lo stato di abbandono dei campi profughi e dei suoi abitanti. Nel campo di Moria, pensato per ospitare circa 3000 persone, al momento sono il triplo e di queste un terzo bambini. Il passato e il presente pesano sulla mente degli abitanti dei campi e i giovani sono i più esposti ai traumi. Le sofferenze del passato si mischiano a un presente incerto, privo di strutture adeguate che li accolgano e li sostengano. Medici senza frontiere afferma di assistere ogni settimana a tentativi di suicidio da parte di adolescenti o ad atti di autolesionismo infantile. Stando ai numeri riportati dalla ong, in circa 4 mesi, durante le terapie di gruppo rivolte ai bambini tra i 6 e i 18 anni, le équipe hanno osservato che quasi un quarto dei bambini (18 su 74) ha avuto episodi di autolesionismo, ha tentato il suicidio o ha pensato di togliersi la vita.

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