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Ingmar Bergman. Così la Bbc ribalta uno stereotipo: non fu un regista di film crudeli, ma di opere sul potere dell’amore.

Ingmar Bergman non era un regista cupo e pessimista, ma un artista di grande umanità e profonda empatia. A dieci anni dalla scomparsa del cineasta svedese – 30 luglio 2017 – il salvagente lo lancia la pagina culturale della BBC. Il ribaltamento dello stereotipo a cui decenni di cineforum ci hanno abituati, quella di un Bergman irrigidito nella sua tetra etica protestante, lo attua Benjamin Ramm, giornalista e scrittore. “I necrologi di un decennio sono stati prevedibili cliché: i film di Bergman vennero ricordati come macabri e crudeli, o definiti una lunga e oscura notte lunga dell’anima. Eppure il tema primario del lavoro di Bergman, il filo che collega tutti i suoi film attraverso i generi toccati non è la morte, ma la possibilità redentrice dell’amore. Le sue visioni più brillanti non riguardano la mortalità, ma l’isolamento e il rifiuto, in particolare l’amore non corrisposto. A volte le caricature sono state completamente fuorvianti”.

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