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Nel nome di Nicco, morto a 17 anni, la più bella partita del portiere Galli.

Poi arriva quel momento. Dopo gli incontri, i gesti, le parole e i ricordi, ecco la stanchezza. Così diversa da quella che Giovanni Galli doveva affrontare da portiere della Nazionale, del Milan di Sacchi, del Napoli di Maradona, della sua Fiorentina: “Era una stanchezza fisica, perché Anna e io eravamo reduci da quattro, cinque eventi di fila. Ma soprattutto mentale, perché il percorso che affrontiamo a volte è forte, duro. Di sofferenza”. Fermi a chiacchierare con un amico su un marciapiede di Firenze, Galli viene avvicinato da una giovane coppia, con un passeggino. Nella città dove Giovanni è di casa da sempre, quella che sta per arrivare non è una delle tante richieste di selfie. Ma una testimonianza: “Nostro figlio è nato con una sofferenza al parto e per sei mesi è rimasto ricoverato nella stanza che la fondazione Niccolò Galli ha donato all’ospedale Meyer. La volevamo ringraziare di cuore”. Così in un attimo la stanchezza vola via e il cammino di Giovanni, della moglie Anna e delle figlie Camilla e Carolina, riprende forza.

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