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Cremazione e spostamenti rituali.

Ormai la cremazione ha superato il 50%. Le forme dei rituali etico-civili che accompagnano i morenti e i defunti sono in rapidissimo mutamento. Nel 1987, trent’anni fa, le cremazioni in Italia erano 3.600, nel 2005 erano cresciute a 48.000, nel 2013 erano 110.000, nel 2016 sono state 141.000, oltre il 23% dei tutti i morti dell’anno. Nello stesso anno i defunti inumati in terra sono stati il 33%, il 44% tumulati in un loculo. Difficile misurare il cambiamento culturale, civile e religioso che la prassi esprime e induce. Una accelerazione simile si è prodotta solo all’inizio dell’800 quando le normative napoleoniche e dei sovrani illuminati spostarono i cimiteri all’esterno delle città e dei paesi, favorendo l’emerge di nuove ritualità come il corteo funebre, la tomba monumentale, le preghiere liturgiche sul cimitero. La cremazione non ha mai fatto problemi nei momenti di emergenza (guerre, pestilenze, disastri ambientali, …), ma l’inumazione dei corpi è sempre stata indicata come la prassi più corrispondente al dettato della fede. Una vera disputa è apparsa nell’Ottocento quando il “libero pensiero” ha riconosciuto la cremazione come la soluzione più efficace per esprimere il dissenso dalla Chiesa sulla risurrezione dei corpi e del Cristo. Allo stato laico corrispondeva la morte laica. In quel contesto è nato il divieto ecclesiastico. Finito lo scontro ideologico è caduto anche il divieto.

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