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Storia dell’uomo che convinse tutti a “lavarsi le mani”.

Mentre medici e infermieri lottano contro il coronavirus dalle corsie degli ospedali, anche chi resta a casa, come ci viene detto ormai da settimane, può fare la sua parte. Le raccomandazioni sono semplici: restare in casa e mantenere un soddisfacente grado di igiene, soprattutto per quanto riguarda le mani.
Anche a proposito delle mani le indicazioni, sulle quali molto si è ironizzato sui social, sono basilari: lavarle spesso e lavarle bene, minimo quaranta secondi o, se preferite, il tempo di intonare due volte consecutivamente “Tanti auguri”, così come fa in maniera ossessiva il protagonista di “Basta che funzioni” di Woody Allen.
Per molti un gesto banale, un gesto che siamo abituati a fare, chi più chi meno, tutti i giorni, magari giusto prima dei pasti e dopo aver utilizzato il gabinetto; ma non è stato sempre così, anzi, la storia del lavaggio delle mani è precisa e lunga, si, ma non troppo. Senza scomodare rituali religiosi antichissimi infatti, l’igiene delle mani diventa regola solo 130 anni fa, cinquant’anni prima però viene letteralmente scoperta.
Miryam Wahrman, professoressa di biologia alla William Paterson University nel New Jersey e autrice di “The Hand Book: Surviving in a Germ-Filled World”, ha raccontato al Guardian l’origine di questo gesto: “Se dovesse esserci un padre del lavaggio delle mani sarebbe Ignaz Semmelweis”

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