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È di nuovo 29 febbraio, il 2020 è bisestile: la leggenda nera del “sesto bis”.

Anno bisestile, anno instabile. Questa è la convinzione radicata nella vox populi riguardo a questa periodica eccezione temporale.
L’eccedenza che riequilibra l’anno sul fronte astronomico, ma lo scompone su quello simbolico. Se da un lato quadra i conti delle stagioni, dall’altro introduce nel calendario uno stato di eccezione. La sua fama negativa risale ai tempi dei Romani, non è solo una questione di misura, ma deriva dalla reputazione magica del mese in cui quel giorno aggiuntivo è inserito.

Febbraio, oltre ad essere il mese più breve, è anche il più legato alle potenze delle tenebre. Fin dai tempi di Numa Pompilio, successore mitico di Romolo che lo incorporò nel calendario, februarius è stato il periodo dell’anno dedicato ai morti e agli dei inferi.
È l’ultimo mese dell’anno, in cui la società romana celebrava riti di purificazione chiamati februa, da cui il nome febbraio. Due di questi rituali, i Feralia, che il ventunesimo giorno del mese aprivano il varco al ritorno dei morti, e il Regifugium, che commemorava la cacciata dei re e la fondazione della repubblica, spiegano l’aura sinistramente sacrale intorno a questo mese.

Il Regifugium cade il 24 febbraio, segnando simbolicamente la fine dell’anno. I giorni successivi sono considerati tempo morto, un vuoto temuto e nefasto che perdura fino al primo marzo. Cesare, riformando il calendario, aggiunse un giorno ogni quattro anni proprio in questa data cruciale, dando origine al bisestile, il sesto giorno aggiunto. Tuttavia, dovette fare i conti con la predilezione delle potenze infernali per i numeri pari, e quindi i giorni di febbraio rimasero ventotto.

Da questo intricato groviglio di simboli, credenze, calcoli e superstizioni nasce la sospetto che ancora oggi nutriamo verso il febbraio con ventinove giorni. Non che temiamo di offendere le divinità dell’aldilà, ma attribuiamo comunque un surplus di significato a questa anomalia temporale.
La necessità di correggere questo zoppicamento del calendario con artifici simbolici, come se l’anno, di tanto in tanto, andasse in asincrono, è una costante tra i popoli più diversi. Questa rappresentazione del tempo claudicante, che richiede un esorcismo ritmico per evitare l’aritmia fatale, si è tramandata attraverso le epoche, dalle antiche pratiche della Cina tradizionale ai salterelli rituali dell’Europa moderna.

Anche con la trasformazione dei cicli naturali in quelli tecnologici, e dei tempi astronomici in quelli elettronici, non ci siamo liberati delle superstizioni ereditate dai nostri predecessori. Abbiamo semplicemente tradotto le antiche credenze popolari in inquietudini postmoderne.
Nonostante la nostra costante ricerca di tempo, non siamo soddisfatti di avere una pagina in più nell’agenda. Se almeno il giorno bisestile fosse festivo, sarebbe meno difficile da accettare.

la Redazione

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