“Ucciditi e dimostrami che sei in grado di farlo!”. Un messaggio che parte da un’email e arriva ad un’altra squarciando il web e lasciando dietro di sé scie di sangue. Di perversioni, deviazioni e crimini internet è pieno. I peggiori sono quelli ai danni dei minori, perché più vulnerabili e meno pronti alle reazioni di difesa. Sono proprio i minori i principali obbiettivi di alcuni pseudo-giochi come Blue Whale, la “Balena blu”, di recente saltata all’attenzione dei media per la sua atrocità. Si tratta di un percorso che gli iniziati devono seguire per dimostrare le proprie capacità, un percorso fatto di autolesionismo dove l’ultimo gradino è costituito proprio dal suicidio. Ma l’istigazione al suicidio colpisce anche gli adulti. Non sono poche le sette religiose che inneggiano alla morte collettiva (guarda caso, però, con l’accortezza di farsi intestare, prima del decesso, beni e conti correnti). Ma che valenza giuridica può avere un semplice messaggio, se non accolto dal destinatario, che invita al suicidio? La semplice istigazione al suicidio è reato? Di tanto si è occupata una recente sentenza della Cassazione che ha fornito un importantissimo chiarimento. Vediamo cosa hanno detto i giudici e quando l’invito a procurarsi da soli la morte può essere considerato un illecito penale.