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“Filmare in un carro funebre implica un bel po’ di permessi”.

Un “road movie” da Losanna al Sud Italia a bordo di un carro funebre. È il filone del documentario “Calabria”, che verrà proiettato questa sera alle 20.30 al Cinestar nell’ambito dell’OtherMovie Festival.
La cinepresa segue la vita di due impiegati delle pompe funebri, Jovan e José, che hanno il compito di riportare la salma di un defunto nel suo paese di origine di Gasperina, in Calabria appunto. Jovan, un zigano che prima era un cantante a Belgrado, crede nella vita dopo la morte.
José, un portoghese appassionato di cultura, crede solo in quello che vede. I due saranno confrontati alle sorprese e agli imprevisti del viaggio, che costituirà per loro un’occasione di approfondire i legami umani e i grandi temi della vita, dall’amore alla morte.
Questa sera al Cinestar sarà presente uno dei protagonisti del film, José Russo Baião, per parlare dei retroscena del documentario. In attesa della proiezione, Ticinonews ha parlato con il regista Pierre-François Sauter, residente a Losanna e al suo secondo lungometraggio.
“Il documentario vuole essere un omaggio alla vita degli immigrati. La storia si apre con immagini di archivio di cittadini italiani che sono venuti a lavorare in Svizzera nei primi anni ’60 e ’70.
Poi ci catapultiamo ai giorni nostri nel mondo lavorativo di José e Jovan, addetti alle pompe funebri di Losanna, che hanno il compito di riportare la salma di un cittadino italiano, anch’egli immigrato in Svizzera. Mi interessava scoprire il mondo delle pompe funebri, soprattutto chi lavora nell’ombra e si occupa di preparare i cadaveri, vestirli, truccarli e occuparsi del loro trasporto”.
“Abbiamo avuto degli imprevisti a girare il documentario, soprattutto di natura tecnica” racconta Sauter. “Dovevamo fissare le cineprese nel carro funebre, operazione che si è rivelata più difficile del previsto.
Abbiamo dovuto inventarci marchingegni tecnici. Poi ci sono stati ostacoli di natura burocatrica. Oltre a dover ottenere il consenso della famiglia del defunto, abbiamo dovuto ottenere l’autorizzazione a girare da parte della polizia, della medicina legale, delle pompe funebri, delle autorità doganali…Insomma ci è voluta tanta pazienza”.
“Anche se il modo di filmare sembra quello della finzione, si tratta di un documentario, quindi tutto quello che si vede rispecchia la vita di tutti i giorni di José e Jovan. Ho fatto diversi “casting” nella Svizzera Romanda, andando fino a Berna per trovare le persone giuste.
Poi ho incontrato José e Jovan, che sembravano perfetti per la parte. Jovan era già abituato allo sguardo della gente visto che, prima di venire in Svizzera, era un cantante a Belgrado, José invece ha faticato un po’ di più. È stato importante costruire un rapporto di fiducia con loro”.
“Sono molto felice che, a distanza di tre anni dalle riprese, il film venga ancora proiettato in piccoli festival” conclude il regista. “Buona visione al pubblico di Lugano”.

fonte: ticinonews.ch

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