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funerali.org spara sul pianista.

Apprendiamo dal sito funerali.org una notizia che, fondamentalmente, non avremmo così tanta voglia di commentare data la grande amarezza che ci lascia addosso. La sensazione è quella di non comprendere le motivazioni che spingono uno degli organi di diffusione del comparto funebre a gettare discredito alla stessa categoria alla quale appartiene.
Quando entrai nel settore funerario rimasi particolarmente colpito da un paio di frasi che mi dissero e che avrebbero condizionato per sempre l’approccio con quelli che erano allora i miei stessi colleghi:
– il peggior nemico degli impresari funebri sono gli impresari funebri stessi;
– far parlare bene delle pompe funebri è praticamente impossibile.
A distanza di anni, tutto mi sarei aspettato tranne che riassaporare oggi, con la lettura di questo articolo, le sensazioni di allora miste a stupore e nausea.
[Fun.News 3593] … Abbiamo così appreso che sono pattuglie di Carabinieri che riportano le urne cinerarie dopo la cremazione. “Ce ne stiamo occupando noi perché credo sia un gesto di vicinanza, una carezza in più alle famiglie dei morti”, dice il comandante provinciale dell’Arma di Bergamo, Paolo Storoni. “Abbiamo deciso di riportare le urne alle famiglie anche per evitare che alcune pompe funebri, scorrette, possano arricchirsi ulteriormente”…
Dopo aver letto più volte quest’ultima frase sono rimasto stordito e mi hanno assalito due pensieri. Il primo è stato quello emozionale: per quale motivo un organo informativo del settore funebre dovrebbe trascrivere una affermazione così decisamente e platealmente denigratoria nei confronti della stessa categoria che dovrebbe difendere? Ma pensavano veramente che aggiungendo la parola “scorrette” avrebbero mitigato l’effetto dell’ennesimo articolo denigratorio sulle pompe funebri e che il pensiero avrebbe fatto puntare il dito solamente sui cattivi della situazione? Il secondo pensiero è stato quello razionale: questa affermazione non può essere stata fatta da un Colonnello dell’Arma dei Carabinieri.
Difatti così non è.
Alzo il telefono, cerco il contatto della caserma di Bergamo e chiedo di poter avere un appuntamento telefonico con il Comandante Provinciale, Paolo Storoni: me lo passano, due squilli e mi risponde. Mi presento, spiego l’accaduto e dopo qualche istante di spiazzamento reciproco cerchiamo di fare il focus sulla situazione. Il Comandante mi spiega che le imprese funebri a Bergamo erano in gran difficoltà dovuta ai loro stessi titolari e collaboratori positivi al Covid-19. Anche noi eravamo ben coscienti della terribile situazione e avevamo messo in campo con LIA Bergamo (Liberi Imprenditori Associati) iniziative a sostegno degli operatori funebri. Continua Storoni dicendo che era doveroso un intervento in piena sintonia con la categoria, la quale non deve vivere la vicenda della riconsegna delle ceneri come elemento di rivalità, anzi come un atto di pietas nei confronti di persone che hanno sofferto e stanno soffrendo in questa terribile vicenda. Il senso è stato quello di fare squadra e dare una mano a tutti quanti facendo prevalere il senso civico ed il buon senso in tutti gli aspetti di questo triste capitolo. Domando se avesse espresso le considerazioni contenute nell’articolo e il Comandante mi dice fermamente di no, il suo lavoro non è quello. Chiudo la telefonata, non prima di esprimere l’attestato di stima nei confronti di come sia stata gestita la vicenda e ringraziando del sostegno dato dall’Arma a tutto il comparto funerario italiano. Si, perché il supporto è stato dato a tutti gli impresari funebri, indipendentemente dalla loro collocazione regionale; è stata appoggiata una categoria.
E allora perché? Perché scrivere quelle parole e attribuire considerazioni gratuite? Perché attaccare il tuo stesso settore?
Chiediamo all’autore dell’articolo di pubblicare una smentita. Non lo chiediamo con il cappello in mano, ma con la testa alta e con la stessa fierezza di chi ha fatto e sta facendo tuttora il proprio dovere tutti i giorni sul campo e non dietro una scrivania, a Milano, Brescia, Bergamo, Torino, Cremona, Reggio Emilia, Monza, Padova, Verona e Roma che sono le province più martoriate. Siamo stufi di essere trattati male da chiunque. Lo Stato ignora completamente la categoria. I giornali scrivono di noi solo quando c’è da evidenziare i problemi e quando non ci sono li inventano. La politica non fa proprie le nostre gravi istanze. Finita questa allucinante vicenda dovremo necessariamente fare qualcosa: non è più tempo di aspettare. Nessuno ci toglie dalla testa la convinzione che vedere i camion dell’esercito portare via i morti da Bergamo sia stato per il popolo italiano un segno di vicinanza con la nostra Difesa, ma per le famiglie interessate è stato, invece, un ulteriore dolore sommato a quello immenso per la perdita di un proprio caro.

Riccardo Salvalaggio
Segretario Nazionale Federcofit

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