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Basta pompe funebri dal marketing sarcastico!

In principio fu Taffo: la prima agenzia funebre a ricorrere a un marketing ironico e sarcastico, “giovane” (in effetti per vendere il funerale del nonno devi parlare al nipote e non al diretto interessato né al figlio troppo sconvolto dal dolore per la perdita del genitore); un tono non conforme all’austerità e alla sobrietà con le quali comunemente vengono trattati il tema del trapasso e le sue relative beghe dal punto di vista pratico, con annessa burocrazia e logistica. Ora invece tutte le agenzie funebri si sono allineate al nuovo corso: in tutta Italia, ma soprattutto a Roma: si vede che si muore di più, saranno le buche o le aggressioni dei cinghiali; fioriscono manifesti con simpatici giochi di parole o buffe trovate visive (testimonial che fanno le corna) per vendere bare o il funerale completo; e in quel caso “la bara è in omaggio”.
Nella cartellonistica funebre si sta ripetendo quello che è accaduto sul web negli ultimi dieci anni: in principio era Spinoza, poi sono fioriti i blog e i siti di battute, e adesso chiunque sui social è “ironico”: con il risultato che ovviamente non lo è più nessuno, l’ironia è diventata solo una maschera dietro la quale nascondersi e non esprimersi, tanto che l’ironia vera non la capisce più nessuno con conseguenti ottusità. L’umorismo sulla morte è una cosa seria, anzi, di più: la morte è la causa dell’umorismo, il motivo che ci spinge a cercarlo, fruirlo, praticarlo. Quindi l’umorismo sulla morte è quintessenziale, oserei dire necessario. Vederlo banalizzato così è rivoltante, anche perché strumentale: qui il vero obiettivo non è esorcizzare la morte, ma il prezzo che devi pagare per smaltire il più ingombrante, anche emotivamente, dei rifiuti, per giunta deperibile. Dobbiamo opporci a tutto questo: altro che “Grande Reset”, qui è in gioco qualcosa di antropologico.

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