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Il suicidio come patologia sociale: quando la società spinge a farla finita.

Aleandro si è ammazzato a 16 anni, non sopportava più le prese in giro legate alla sua presunta omosessualità. Marianna, 12 anni, si è lanciata da una finestra, perché “la vita fa schifo”. “Quanti rischi e quali mostri può creare Internet” afferma il padre di Carolina, 14enne suicida, in seguito alla divulgazione di un filmato in cui i suoi aguzzini, tra cui il fidanzatino, la facevano ubriacare, per poi violentarla. Il 30enne Michele ha lasciato una lettera di addio, stanco del precariato e della sua (e nostra) generazione senza prospettive. Un uomo di 54 anni perde il lavoro, si dà fuoco nell’auto e chiede scusa alla famiglia. Antonella, 39 anni e con problemi di depressione, ha ucciso i suoi figli e tentato il suicidio. Tiziana, 31enne, si è impiccata per la vergogna. Fabiano ha scelto di andare a morire volontariamente in Svizzera. “Farla finita” prescinde dall’età, dal sesso e dalla classe sociale d’appartenenza. Queste sono solo alcune delle numerose vite spezzate. Vite spezzate da chi e da cosa?

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