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É una strage. Quest’anno già 150 i morti sul lavoro.

Sul sito dell’Osservatorio Indipendente di Bologna morti sul lavoro si legge che dall’inizio dell’anno all’8 aprile sono 150 i morti sui luoghi di lavoro, che diventano oltre 320 se vengono conteggiati quelli sulle strade e in itinere (come fanno le statistiche ufficiali). La CGIA di Mestre denuncia che, nei primi due mesi del 2017, i morti sul lavoro sono cresciuti del 33,7% (erano 95 nel 2016, sono 127 quest’anno). E anche se è da tenere conto che “quasi la metà dei 32 decessi in più registrati quest’anno sono ascrivibili ai 2 casi eccezionali avvenuti nello scorso mese di gennaio: il crollo dell’albergo di Rigopiano e lo schianto dell’elicottero del 118 avvenuto nei pressi di Campo Felice “, i numeri (dietro i quali, è bene ricordarlo sempre, ci sono donne e uomini, vite, intelligenze, volti, sentimenti …) evidenziano come la sicurezza sul lavoro sia qualcosa che viene in troppe occasioni messa da parte. Evidentemente ci sono altre priorità. Bisogna inseguire l’abbattimento dei costi per essere competitivi. Si deve ottenere un sempre maggiore profitto a qualsiasi costo. La strage continua di lavoratori non è una tragica fatalità, né l’odio di qualche divinità crudele che pretende sacrifici. É la conseguenza di una politica miope che ha volutamente dimenticato che il lavoro è e deve essere il primo diritto costituzionale e che, proprio per questo, deve essere sicuro, garantito e giustamente retribuito. Invece il lavoro, nel nostro paese, è trasformato in merce e i lavoratori sono ingranaggi di un sistema spaventoso. Il lavoro, grazie a leggi e decreti che lo hanno reso difficile, precario, pericoloso e malpagato, non è più un diritto, ma una condanna. Pretendere che il lavoro torni ad essere un diritto che permette il riscatto individuale e collettivo, tornare a lottare per questo, è un dovere di ognuno.

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