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Toni Capuozzo: “Il mio patto con la morte per non cadere in mano ai terroristi”.

Puoi aspettare un attimo? Sto finendo di scrivere una mail”. La mail che Toni Capuozzo sta spedendo ha come destinatario l’ambasciata libica e come oggetto la richiesta di poter partire subito nel Paese nord-africano, dove nei giorni scorsi due lavoratori italiani sono stati sequestrati. Giornalista, anzi, inviato di guerra, Capuozzo vuole ovviamente documentare quello che sta accadendo in questa terra di nessuno dove i governi si duplicano, ma le tribù e le milizie di matrice jihadista vanno per la loro strada. Un Paese allo sbando dove si traffica di tutto, dal gas nervino alle persone. “Cambia solo il cartellino del prezzo”, annota al telefono dal Friuli dove il giorno prima ha ritirato un premio, l’ennesimo per i suoi reportage e per i suoi libri. Facile indovinargli le occhiaie e i segni sul viso che non sono soltanto quelli di chi ha 68 anni sulle spalle, ma anche di chi troppe volte si è trovato a pochi centimetri dalle pallottole sparate dal cecchino di turno o da soldati di opposte fazioni, testimone partecipe di tante atroci follie che hanno avuto come palcoscenico l’ex Yugoslavia, l’Afghanistan, l’Iraq, la Somalia, il Medio Oriente.

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