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La terra, un numero: le vittime senza nome nel cimitero di Reggio Calabria.

C’è una pagina della “Casa in collina” in cui Cesare Pavese parla dei nemici come “morti sconosciuti“. Dice che “guardare certi morti è umiliante: si ha l’impressione che lo stesso destino che ha messo a terra quei corpi, tenga noialtri inchiodati a vederli, a riempircene gli occhi“. Allude ai cadaveri dei nemici repubblichini. Viceversa i morti di cui ogni giorno sentiamo parlare non sono nemici, anche se qualcuno continua ad avvertire come una minaccia i migranti che affrontano la morte: non sono nemici, eppure fatichiamo a parlare di pietà. Il problema è, indubbiamente, la retorica: al solo pensiero di scadere nella retorica, rimaniamo paralizzati.

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