Per vent’anni una madre ha fatto credere alla figlia che le ceneri del padre fossero custodite in un’urna all’interno della casa di famiglia.
In realtà, la madre ne aveva disperso le ceneri senza il consenso del defunto e senza informare la figlia.
L’attuare questo inganno ha leso il cosiddetto “diritto secondario di sepolcro”, che è un diritto personale e include la “facoltà di accedere al luogo di sepoltura in occasione delle ricorrenze e di opporsi agli atti di violazione del sepolcro o alla lesione della memoria delle persone ivi seppellite”.
Secondo quanto accertato, dal 2014 la madre aveva impedito alla figlia di entrare in casa per onorare l’urna, che era comunque vuota.
Il Tribunale Civile di Milano ha dunque condannato la madre a risarcire la figlia con 50.000 euro per danni non patrimoniali, riconoscendo la violazione dei diritti e il danno biologico conseguente.
Il diritto dei familiari a un luogo per onorare i defunti è protetto dalla Costituzione come espressione della libertà religiosa e dei diritti della personalità.
Per la Legge italiana è garantito il diritto personale di visita e culto del defunto e il sanzionamento di chi impedisce tale diritto.
La sentenza ha sottolineato la mancanza di rispetto per le volontà del defunto e per il diritto della figlia di essere informata e di partecipare alla decisione di disperdere le ceneri.
La figlia ha subito un grave inganno, onorando per anni un’urna vuota sulla base delle false assicurazioni della madre.
Il giudice ha tenuto conto del fatto che la mancanza del rito di culto funebre può essere causa di forte stress emotivo e ha ritenuto difficilmente quantificabili i danni derivanti dalla violazione della fiducia, dal trauma amplificato e dall’alterazione delle relazioni familiari. Pertanto, il risarcimento di 50.000 euro è stato determinato con una valutazione equitativa, cioè operata senza applicare norme di diritto specifiche.
V.P.