“One and one and one is three” (uno più uno più uno fa tre), nella opening act “Come Together”, subito si fa riferimento alla “presunta” morte di Paul Mc Cartney, ed ecco a voi la leggenda di Abbey Road, tra messaggi subliminali e strane leggende.Il disco della definitiva maturazione dei Fab Four di Liverpool, il disco della rottura, della crisi, della morte, della vita, della notorietà, della metafora, del simbolismo, di tutto ciò che loro credevano di essere e di quello che sono stati veramente, della follia, della incapacità di gestire denaro, ha compiuto 50 anni lo scorso 26 settembre portandosi dietro tutti i suoi enigmi.
La copertina è – insieme a quella di Sgt. Pepper Lonely Hearts Club Band – uno dei capolavori dell’artwork fotografico del secolo scorso, una fotografia piena zeppa di enigmi che ancora oggi, dopo 50 anni, fa discutere.
John Lennon è l’angelo, Gesù, Ringo Starr l’impresario delle pompe funebri, Paul Mc Cartney è il morto (l’unico scalzo, in Inghilterra i morti li seppelliscono scalzi), George Harrison, in tipica tenuta da becchino: Paul è morto in un incidente automobilistico, decapitato e i “baronetti” lo rimpiazzano con un sosia, accuratamente “addestrato” (in maniera magnifica diremmo, considerando ciò che ha fatto dal 1966 ad oggi, ndr), la targa del maggiolone della Volkswaghen che indica l’età di Mc Cartney ((28 anni), la macchina della polizia che recupera le persone vittime di un incidentie, sempre in Come Together, John dice: “Got to be good-looking ‘cause he’s so hard to see”, e cioè “ci vuole un buon occhio perché lui è molto difficile da vedere”: o da capire che Paul in realtà è un sosia.Insomma, Abbey Road è da sviscerare innanzitutto per lo scatto del fotografo McMillan che rimane un’icona del rock, e ovviamente per il valore inestimabile delle 17 tracce, una serie incredibile di grandi canzoni.