Riceviamo e pubblichiamo la lettera dell’associazione viterbese per la cremazione diretta alle istituzioni della città – Gentili signori, immaginate un giorno di dovervi recare presso l’impianto crematorio del Cimitero comunale di San Lazzaro, può succedere: per esercitare il doveroso compito di controllo che spetta agli amministratori pubblici, per dare l’estremo saluto ad una persona cara, per visitare qualcuno che non c’è più.
Bene, immaginatevi di entrare non in un luogo di silenzio, di rispetto per i nostri cari defunti e per chi aspetta di fare l’ultimo viaggio, per i parenti e gli amici che sono lì, ma in un trafficatissimo luogo di lavoro, dove si incrociano addetti delle agenzie di onoranze funebri, operai che trasportano feretri (tanti, ieri ne ho contati cinque , nella mezz’ora che sono stata lì), impiegate che rispondono (sempre con calma e professionalità, bravissime, quasi eroiche) a continue telefonate , custodi che sbrigano il loro lavoro, continuamente interrotti da nuovi arrivi e richieste.
Questa è la realtà del tempio (?!) crematorio della città di Viterbo, soprattutto da quando è stato chiuso (e lo sarà fino alla fine dell’anno) l’impianto di Civitavecchia, con il conseguente carico di lavoro che si è riversato sul nostro impianto.
Immaginate ora che, in una delle camere ardenti che si aprono sullo stesso spazio dove si aprono nell’ordine: l’ufficio del custode, l’ingresso sul piazzale, l’ufficio amministrativo, l’ingresso del forno crematorio, alcuni locali di servizio, immaginate, dicevo, di trovarvi in questo caos; voi, o qualche vostro amico, o, comunque un cittadino di Viterbo o di un altro Comune, per piangere e ricordare nel modo più dignitoso, nel modo che si conviene a qualsiasi persona, un proprio caro.
Come reagireste?
Immagino che dipenda dal carattere di ognuno di noi, dal coinvolgimento, dalla propria storia, ma, comunque, a nessuno resterebbe un buon ricordo non dell’amico, o del parente, ma del modo in cui la città di Viterbo tratta i propri cittadini ed i propri ospiti nel momento dell’estremo saluto.