Pochi posti racchiudono l’essenza del folklore, della tradizione, del culto, della leggenda e della meraviglia di Napoli come il Cimitero delle Fontanelle. Una storia, un luogo poco noto a chi non è della città, eppure pervaso da un fascino incredibile e da un legame con la tradizione popolare indissolubile. Si tratta di un ossario, nel rione Sanità, che ospita le ossa di migliaia di defunti anonimi, le quali sono a loro volta emblema di un culto unico nel suo genere. Un luogo dove il culto cattolico incontra quello pagano.
Partiamo dall’inizio. Il Cimitero delle Fontanelle si trova in un’enorme cava, di 30.000 metri quadrati (circa 3.000 adibiti a cimitero). Il nome deriva dalla presenza di fonti d’acqua che in passato hanno scavato il vallone tufaceo che per secoli ha fornito materiale edile alla città. Nel 1654 la cava delle Fontanelle diventa cimitero: è l’anno della pestilenza, e migliaia di salme vengono stipate qui. Altre carestie ed epidemie, nonché calamità naturali, decimano la popolazione napoletana tra il ‘600 e l’800, e i defunti appartenenti al popolo vengono ammassati nella cava. Quando l’editto napoleonico di Sant Cloud vieta definitivamente di seppellire i morti nelle chiese e dentro le città, ulteriori salme vengono trasportate alle Fontanelle, che una minuziosa opera dei becchini metterà “in ordine”, stipando ossa e teschi in modo meticoloso. Dunque il Cimitero delle Fontanelle finisce per ospitare migliaia e migliaia di scheletri, o parti di essi, appartenuti a persone il cui nome non sarà mai noto, salvo per uno o due personaggi di rilievo. La tradizione popolare le definisce anime “pezzentelle”, ovvero abbandonate, costrette nel Purgatorio, sicuramente di persone che anche in vita erano povere. Sulle loro “capuzzelle”, i teschi, nasce quindi una credenza che per decadi rimane vivissima (parliamo di poche decine di anni fa). Ovvero, quella di “adottare” un teschio, chiedendo all’anima grazie e protezioni, in cambio del divenire parte della famiglia e poter trovare il meritato riposo. Le persone, in particolare le donne, si recavano ogni notte al cimitero per accudire la capuzzella prescelta, la cui anima pezzentella sarebbe apparsa in sogno ed avrebbe comunicato volontà e richieste in cambio della grazia concessa. Se la grazia non fosse avvenuta, la capuzzella si sarebbe ritrovata ad essere nuovamente abbandonata. A grazia ricevuta, invece, avrebbe finalmente trovato degna sepoltura e sarebbe stata ufficialmente parte della famiglia. Parliamo di persone povere, quindi la degna sepoltura poteva essere semplicemente una teca, o persino una scatola riciclata. L’importante, era non tumulare il teschio con una lapide, per lasciare libera l’anima di comparire in sogno. Ancora oggi nel cimitero delle Fontanelle, che è uno spazio immenso con al suo interno navate, una chiesa, statue aggiunte nei secoli, sono visibili migliaia e migliaia di teschi (se ne contano 40.000, ma sotto il pavimento ne giacciono altre centinaia), e solo alcuni sono decorati con rosari, poggiano su cuscini e merletti, hanno un piccolo sepolcro ad accoglierli. Sono le capuzzelle la cui anima ha concesso la grazia. Alcune sono più proficue di altre: famosa è per esempio la “capa” di Donna Concetta, un teschio che “suda”, interpretazione di buona volontà dell’anima ad esaudire le grazie. Il Cimitero delle Fontanelle ha una storia che difficilmente si può riassumere in poche righe, ma per capirne il fascino, il misticismo, il mix tra culto cattolico e paganesimo che lo pervade si può accedervi tramite visita guidata.