Ai Bastianini, hanno staccato la parola «Famiglia» e spaccato le lapidi. Ai Rizzi, sfondato il pavimento e tolto le croci. Ai Bettucchi, divelto l’altare. Dei Bissi è rimasta solo un’ombra del nome. Sui Lovato, Ernesto e Teresa e Maria Giovanna, vagano i cani randagi a spolparsi qualche osso che sembra d’animale. «I salafiti sono venuti due volte — racconta il custode libico — l’ultima a novembre, e hanno distrutto il poco che restava da distruggere». Requiescant In Pace, è l’iscrizione all’ingresso del vecchio Cimitero cristiano degli Italiani di Tripoli, a due chilometri dal centro, ma qui gli italiani non riposano più: li hanno dovuti spostare in fondo al vialetto, in un sacrario blindato e chiuso con cancellate e catene, sperando che almeno lì nessuno scavalchi e completi l’opera. E i portalumi liberty, le foto seppiate, persino i crematori sono stati presi a picconate. Si sapeva, ma vedere è un’altra cosa: tutto è sparso in giro, buttato nelle sterpaglie seccate dal vento caldo del deserto. Anche il vecchio custode italiano, Bruno, se n’è andato da un pezzo. Il tutto mentre Barack Obama ammette: «Il mio più grande errore in questi otto anni? Non aver avuto un piano sulla Libia post Gheddafi».
Il cimitero italiano a Tripoli? Sterpaglie, croci divelte e devastazioni.
11 Aprile 2016, 09:02
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