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Palermo. Quei trecento morti in lista d’attesa.

In quelle 300 bare accatastate le une sulle altre con le foto di carta appese sopra per non impazzire – già basta la pena – quando cerchi di portare un fiore; in quello che oggi è il cimitero dei Rotoli, c’è la vergogna di una città che non dà sepoltura ai suoi morti. Nel camposanto più grande di Palermo, incastonato tra il Monte Pellegrino e il mare, non c’è più posto neppure nella più antica e umile delle sepolture, la nuda terra.
I numeri da soli non spiegano: 300 salme in attesa di sepoltura, alcune in deposito da novembre, significa che ai Rotoli le bare sono ovunque. La direzione del cimitero le ha sistemate dentro agli uffici e nei magazzini, perché le camere mortuarie sono colme.
Carmen Tranchina, poliziotta, prega davanti al feretro del padre che riesce ancora a raggiungere ma a fatica, scavalcando le casse. Viene ogni giorno, dal 25 dicembre. “È difficile” dice. E tu pensi “No, è orribile”.

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