Fernanda Pivano aveva 25 anni quando Cesare Pavese, che era stato suo professore, le chiese di tradurre per Einaudi l’Antologia di Spoon River, di Edgar Lee Master. Né la traduttrice né il committente si sarebbero mai aspettati che quel volume di poesie sarebbe diventato prima un best-seller e poi un long-seller e poi ancora un classico della letteratura americana, e tantomeno che dalle storie di Elmer, Herman, Bert, Tom e Chasey e di tutti coloro che dormivano e dormono su quella collina sarebbero state tratte opere tra le più disparate: dal concept album di Fabrizio De André intitolato “Non al denaro non all’amore né al cielo” a riduzioni teatrali, radiofoniche e televisive. Anche Torino ha la sua Spoon River in riva al Po, anzi ne ha sei, perché sei sono i cimiteri della città. E in ciascuno di essi generazioni di torinesi dormono. Ma ogni tomba non contiene solo i loro poveri resti, come direbbe Alice Sebold: i cimiteri nascondono migliaia di storie.