Il forno crematorio di San Piero a Ema è stretto in un groviglio legale-etico-economico. Il rischio è la possibilità di sopravvivenza non solo per l’impianto, ma per l’intero cimitero, gestito dalla Confraternita (laica, ma alle dipendenza del vescovo) del Santissimo Sacramento del Crocifisso fin dal 1526. Il problema è nato qualche mese fa quando monsignor Marcello Caverni, vicario per gli affari economici della diocesi, ha comunicato al parroco di Ponte a Ema don Giulio Cirri e al provveditore della Confraternita Ettore Brondi, la contrarietà dell’arcivescovo Giuseppe Betori a che la parrocchia offrisse il servizio di cremazione. E questo nonostante la Chiesa abbia ormai da molti anni “sdoganato” come lecita questa pratica (attualmente usata per circa il 50% dei defunti). Non solo. La costruzione del crematorio fu autorizzata dall’allora arcivescovo Silvano Piovanelli, l’iter burocratico ha attraversato senza intoppi la successiva gestione dell’arcivescovo Antonelli, fino ad arrivare al cardinale Betori che, fino a poco tempo fa, non aveva mai avanzato obiezioni.
L’arcivescovo Betori stoppa il crematorio di Ponte a Ema: cimitero a rischio sopravvivenza.
27 Dicembre 2016, 04:11
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