Quando nasci a Torino, cresci con l’idea che i torinesi inventano le cose — la moda, la pubblicità, l’editoria —, finché arrivano i milanesi e se le portano via. Lo sbarco del Corriere sotto la Mole ribalta il luogo comune. Stavolta sono i milanesi a portare a Torino qualcosa che hanno inventato loro: il giornale di Albertini e Barzini, Montale e Buzzati, Biagi e Montanelli, Fallaci e Terzani. Non si tratta di un’invasione, semmai di un’integrazione. Il Corriere è la voce delle regioni più intraprendenti d’Italia. Ha la testa a Milano, un braccio possente nel Triveneto e il cuore un po’ dappertutto. Ma senza Torino era come se gli mancasse un pezzo. Adesso, grazie ai nuovi lettori piemontesi, sarà finalmente un organismo completo. Molti di loro mi hanno ripetuto per mesi: vi leggerei tanto volentieri, ma manca la cronaca locale e quindi “ai son (pronuncia sun) nen i mort”, non ci sono i morti. … Però è vero che a Torino più che altrove esiste un’attenzione speciale per i defunti. Forse è l’unica città del pianeta dove per strada e sugli autobus si stagliano le affissioni delle pompe funebri, in un tripudio di ali luminose e cieli stellati. A Napoli sarebbe impensabile. Per farsi apprezzare dai torinesi bisognerà dunque occuparsi anche dei morti. Senza però dimenticarsi dei vivi.