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Suicidio assistito: a Zurigo, dentro la casetta blu dove si va a morire.

Un divano bianco e un tappeto marrone. La tovaglia colorata e le tazze per il tè. E poi il lettino con le lenzuola arancioni, un comodino in legno e un piccolo giardino con un laghetto. Tutt’intorno, l’immacolata campagna svizzera. Per morire vengono qui, in questa casetta con i muri colorati di blu, a pochi chilometri da Zurigo. Duecento malati gravi ogni anno provenienti da ogni parte del mondo: Francia, Inghilterra, Stati Uniti, Cina, Giappone, India, Taiwan. E Italia, naturalmente. Qualcuno la chiama “la casetta della morte”, un termine che non piace all’associazione Dignitas che dalla sua fondazione, nel 1998, ha accompagnato al suicidio assistito circa 2mila persone. Malati di Sla, Parkinson, tetraplegici, malati psichiatrici. Uomini e donne, manager e impiegati, credenti e non. Tutti hanno scelto di mettere fine a una vita diventata intollerabile. Tra questi Dj Fabo. “Vogliamo dare ai nostri aderenti una vita dignitosa e una morte dignitosa” dice Sandra Martino, responsabile dell’associazione.

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