Da che mondo è mondo, prima o poi l’uomo si trova alle prese con l’elaborazione del lutto. È un’azione contigua, ma diversa, dall’interrogarsi sul significato della vita e dell’esistenza, appartiene alla nostra innata tensione all’eternità. O forse solo alla speranza di continuità, come reazione minima al Nulla. Gli antichi seppellivano i loro morti attorniati dai ricordi più cari e dal necessario per il “viaggio”, sperando così di rendere più comodo, se non meno doloroso, il passaggio all’Aldilà. Anche chi crede nella resurrezione, spesso, non è riuscito ad accontentarsi d’un loculo in una catacomba. Basta entrare in una chiesa, per rendersene conto. Con morte e tombe i romantici hanno intessuto un rapporto privilegiato: hanno ereditato il mito classico e ne hanno edificato monumenti.