Il suicidio è divenuto una delle principali ragioni di procedimenti di responsabilità professionale per gli psichiatri. Si è diffusa la convinzione che il suicidio sia espressione sistematica di malattia mentale e che, come per molte malattie, sia prevenibile con mezzi idonei. Non vi sono, invece, dati di ricerca che consentano di affermare l’identificazione di variabili certe o clinicamente valide per identificare il rischio di suicidio, anche in persone che hanno già compiuto un tentativo anticonservativo. Purtroppo queste convinzioni hanno condotto e conducono a giudizi di responsabilità professionale per gli psichiatri che non sono fondati su dati scientifici, ma su esigenze sociali legate ai sentimenti di frustrazione e di impotenza che si sviluppano dopo un suicidio e alla spinta a risarcire in qualche modo la famiglia della vittima. Il suicidio è un fenomeno troppo complesso per poter essere riportato a una causalità al di là di ogni ragionevole certezza come, invece, richiesto dal Diritto Penale, né può essere affrontato con una progressiva perdita di libertà da parte dei pazienti.