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“Io, necrologista del New York Times. Il mio giornalismo di vita e di morte”.

Per oltre otto anni Bruce Weber ha fatto solo una cosa. Ha scritto necrologi per il New York Times. Migliaia di biografie, migliaia di persone. Poliziotti e criminali, attori e atleti, scienziati e avvocati, politici e burocrati. Gente famosa o semplicemente degna di essere ricordata per aver vissuto o compiuto qualcosa di importante. Un giornalismo atipico — quello di chi scrive necrologi — che, contrariamente a quanto si potrebbe pensare, “non si occupa della morte, ma della vita“. Weber lo celebra con un articolo (commovente e pieno di ironia) pubblicato nel giorno non della sua scomparsa, ma del suo pensionamento.

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