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Ecco come gli egiziani credevano fosse composta l’anima di una persona.

La civiltà egiziana ha sempre affascinato l’uomo in qualsiasi epoca. In età Romana il culto di Osiride era famoso nell’Impero, Napoleone raccolse tesori nelle sue campagne militari in Egitto e, ancora oggi, la civiltà egiziana ispira e ammalia con le sue mummie e le misteriose piramidi.
La ritualità dopo la morte è sicuramente ciò che incanta di più. Preservare il corpo del defunto sotto bende e altre sostanze di imbalsamazione ha ispirato non solo storici e studiosi, ma anche registi e scrittori.
Tuttavia pochi sanno che gli egiziani consideravano l’anima estremamente complessa ed i rituali di sepoltura rispecchiavano questi intricati significati ad essa attribuita.
Per gli Egiziani l’anima era divisa in nove parti, ogni parte aveva un significato e svolgeva una funzione ben precisa.
Khat o Kha, ovvero il corpo materiale, era la forma fisica stessa, il contenitore dell’anima. Questo è uno dei motivi per cui gli antichi egizi imbalsamassero e tentassero di conservare il corpo dal disfacimento causato dalla morte.
Non solo. Essi credevano che il corpo del defunto funzionasse come collegamento tra l’aldilà e il mondo materiale. Se si portavano le offerte al cadavere, queste venivano assorbite in modo soprannaturale dal corpo.
Ba era la personalità dell’individuo, tutte le caratteristiche mentali che rendevano quella persona unica. Attraverso il Ba la persona poteva tornare dall’aldilà sotto forma di spirito per frequentare i luoghi ad ella cari in vita.
Ren o Vero Nome. Gli antichi egizi credevano che sapere il vero nome di una persona desse potere contro di essa, ecco perché essi usavano un soprannome e non rivelavano a nessuno come si chiamassero realmente.
Solitamente il vero nome veniva inciso, al momento della morte, all’interno di un cartiglio di protezione. Distruggere il Ren significava distruggere l’anima.
Il Ka era l’essenza vitale di una persona, la scintilla della vita, l’energia che permette ad un essere umano di respirare. Questa fiamma, il Ka, veniva alimentata con il cibo e le bevande. Le offerte post mortem servivano per continuare ad alimentare il Ka.
Shuyet o ombra era un frammento legato ad Anubi, il dio egizio della morte. Al momento della morte, l’anima lasciava il corpo sottoforma di un’ombra.
Jb era il cuore, la sede delle emozioni, nonché il centro del pensiero e della volontà. Al momento della morte, per accedere all’aldilà, il cuore veniva pesato e se le azioni compiute in vita fossero state giuste e buone, quel cuore avrebbe avuto un peso inferiore a quello di una piuma.
Akh è il sè immortale, era l’aspetto dell’anima che poteva connettersi con i propri cari apparendo nei loro sogni.
Il Sahu era una specie di fantasma vendicativo che si sarebbe staccato dalle altre parti dell’anima dopo che il defunto fosse entrato nell’aldilà. Esso spesso tornava in vita per punire le persone che lo avevano offeso in vita e premiare chi lo aveva amato.
Sechem era l’energia vitale del defunto. Il Sekhem non risiedeva nel corpo fisico ma tra le stelle con gli dei e le dee. Attravero il Sekhme si poteva controllare il destino di una persona.

fonte: ancient-origins.net

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