Una tragedia dimenticata. E, non bastasse l’oblìo, ora per alcuni familiari delle vittime arriva anche la beffa: restituire allo Stato tutti i risarcimenti, compresi i soldi spesi per i funerali, persino per la bara che 48 anni fa ha accolto coloro che dovrebbero essere considerate vittime del dovere e che invece sembrano finiti nel dimenticatoio.
Stiamo parlando dell’incidente aereo della Meloria, il disastro militare più grave del Dopoguerra italiano, avvenuto il 9 novembre 1971, quando, nel corso di un’esercitazione, un aereo C130 della Royal Air Force (nome in codice Gesso 4) partito da Pisa e diretto a Villacidro precipitò nel mare di fronte a Livorno (nella zona, appunto, delle Secche della Meloria) con a bordo 46 paracadutisti italiani e 6 militari inglesi.
Sopravvissuti: nessuno. Causa della tragedia: incerta, se non addirittura sconosciuta.
Di certo c’è, invece, che – a quasi mezzo secolo di distanza – i parenti di alcuni di quei soldati denunciano lo smacco: “Lo Stato ci ha revocato ogni beneficio”.
Tra questi, Caterina e Giusy Iannì, sorelle di Giuseppe Iannì, salito a bordo di quel maledetto velivolo all’età di 20 anni e mai più sceso.
“In una recente sentenza della Cassazione ci sono stati negati gli indennizzi destinati ai famigliari delle vittime del dovere”, hanno spiegato Giusy e Caterina al Tg1, che ha rispolverato la triste vicenda.
Non solo: “Dovremo anche restituire quanto ‘indebitamente’ percepito in questi anni, comprese le somme spese dallo Stato per i funerali e addirittura per il feretro che custodisce le spoglie di Giuseppe”.
In pratica, “tutto, lo Stato ci chiede indietro tutto”.
Una decisione che lascia l’amaro in bocca e che fa di nuovo sanguinare una ferita – la perdita di un fratello nel fiore degli anni – che non si è mai rimarginata.
Una ferita che torna a fare male ogni 9 di novembre, anniversario della tragedia su cui le inchieste non hanno mai fatto chiarezza (cosa ha causato la caduta dell’aereo? Un guasto? Una manovra errata? E che fine ha fatto la scatola nera, mai recuperata?).
Il tutto nell’ombra e quasi, ormai, nel silenzio, perché, concludono le sorelle Iannì, “ogni autunno siamo solo noi parenti delle vittime, assieme ai paracadutisti della Folgore, a commemorare i caduti. Noi, solo e soltanto noi”.
fonte: unionesarda.it