Alle ore 16,34 del 16 luglio 1950 sul Brasile intero calò un improvviso e raggelante silenzio. Stava accadendo l’impossibile: l’Uruguay a 11 minuti dalla fine aveva segnato il gol del 2-1 nella partita decisiva per l’assegnazione della coppa del mondo di calcio (fu l’unica edizione in cui non si disputò una finale vera e propria). Al Brasile bastava un pareggio per vincere il titolo iridato e tutti erano convinti che non ci sarebbero stati problemi, soprattutto i 200 mila che, insieme al presidente della repubblica e a tutto il governo schierato, avevano affollato le tribune del Maracaná di Rio de Janeiro. Al termine dell’incontro allo stadio ci furono dieci infarti, due persone si suicidarono buttandosi giù dagli spalti. Tanti altri in tutto il Paese si tolsero la vita, anche perché avevano scommesso i loro risparmi sulla vittoria brasiliana. Alla fine si contarono 90 morti tra infarti e suicidi. Il Brasile proclamò tre giorni di lutto nazionale e quell’episodio divenne famoso come il “Maracanazo”. Il Brasile aveva disputato la finale con la sua maglia tradizionale, bianca con i bordi blu, che indossava fin dalla prima partita ufficiale nel 1914. Dopo la sconfitta, la federazione decise che portava sfortuna e lanciò un concorso per disegnarne un’altra, che doveva avere i colori della bandiera del Brasile. Vinse il 18enne Aldyr Garcia Schlee. La nuova maglia venne utilizzata per la prima volta nel 1954, ma divenne famosa quattro anni dopo, quando il giovane Pelé guidò la Seleçao alla sua prima Coppa del Mondo ai mondiali in Svezia. “Avevo provato un centinaio di combinazioni diverse”, raccontò Schlee. “Ma alla fine quella migliore era con il colore giallo con i bordi verdi e i pantaloncini blu”. Schlee è morto, all’età di 83 anni, poche ore prima dell’inizio dell’amichevole Brasile-Uruguay a Londra. Schlee, nato al confine con il Brasile, è sempre stato un tifoso degli uruguaiani. “Anche durante la partita del 1950”, confessò in un’intervista alcuni anni fa.