«Che cosa ci attende dopo la morte? Nessuno lo sa […]: dato che nessuno sa se ci sia o meno qualche cosa sull’altro versante della nostra morte, da questa inconoscibilità totale si deduce per necessità che le probabilità che ci sia qualcosa sono esattamente pari a quelle contrarie. […] La mattina in cui alla radio annunciarono la sua morte, scrissi: Gershom Sholem è spirato questa notte. E ora sa. Anche Bergman, ormai, sa. Anche Kafka. E mia madre e mio padre. […] Un giorno lo sapremo anche noi. Per intanto, continuiamo a collezionare dati d’ogni sorta. Non si sa mai» [Amos Oz, Una storia di amore e di tenebra, p. 498-99]. Queste parole, tratte dalla suggestiva autobiografia dello scrittore israeliano, sono state utilizzate da un’altra scrittrice – Eliana Bouchard – per introdurre l’ultimo lavoro di Paolo Ricca, Dell’aldilà e dall’aldilà. Che cosa accade quando si muore?, presentato lo scorso 26 settembre – dopo un primo esordio nei giorni del sinodo – presso la facoltà valdese di Roma. «Perché immaginare l’aldilà, supponendo che ci sia? Perché – ha esordito l’autore – vogliamo sapere dove finiremo noi, dove sono andati in nostri cari che sono morti. E siccome non sappiamo, immaginiamo. Pensiamo l’aldilà con la nostra immaginazione, nel silenzio quasi totale della Bibbia, anche se non è affatto facile immaginare le cose di Dio».