Chi istiga al suicidio adolescenti minorenni adescati con “Blue Whale Challenge”, il gioco diffusosi in rete dallo scorso febbraio che dopo estenuanti prove di sottomissione spinge a togliersi la vita, non commette reato se la vittima si procura “solo” lesioni lievi invece di ammazzarsi o di cagionarsi almeno ferite gravissime. Lo sottolinea la Cassazione nel primo verdetto che si occupa di questo pericoloso social game e di un adulto, nato in India e dal cognome italiano, che aveva avvicinato in chat una ragazzina alla quale scriveva messaggi tipo “manda audio in cui dici ke sei mia schiava e della vita non ti importa niente e me la consegni“. Ad avviso della Suprema Corte, deve essere accusato di adescamento, ma non di istigazione al suicidio perché la minorenne si era “procurata lesioni non gravi“.
fonte: www.ansa.it