Diciassette anni dopo lo scandalo che portò alla luce un sistema di mazzette con protagonisti impresari di pompe funebri e infermieri ospedalieri addetti alle camere mortuarie, si torna a parlare di un fenomeno che a quanto pare non è mai stato debellato e che ciclicamente torna a fare capolino nelle corsie dei nosocomi torinesi. L’inchiesta è nata dopo alcune segnalazioni giunte agli uomini della Guardia di Finanza e quattro esposti depositati nell’ultimo anno in Procura da una nota impresa di pompe funebri. Nei documenti che sono stati portati all’attenzione dei magistrati del pool Pubblica Amministrazione si fa riferimento ad almeno quattro episodi che si sarebbero consumati in altrettanti nosocomi. Negli esposti vengono citate le corsie dell’ospedale Molinette, dell’Amedeo di Savoia, di quello di Chieri e del Cottolengo. La prima denuncia è della primavera del 2016, l’ultima risale a poche settimane fa. In tutte si parla di “vendita di funerali”, ossia di operatori che segnalano i decessi a imprese di pompe funebri compiacenti o di famiglie indirizzate a società fidate. Quattro casi che gettano una luce sinistra su un sistema che si nutre della sofferenza delle persone che perdono un proprio congiunto e che spesso si ritrovano in balia degli eventi e della burocrazia. Le quattro denunce rappresentano il punto di partenza di un’inchiesta che mira a capire se si è di fronte a singoli e sporadici episodi o a un oliato sistema di corruzione, così come era emerso in passato.
Sono quattro le inchieste, condotte negli anni passati a Torino e in provincia, che hanno raccontato il fenomeno della vendita dei funerali. Il primo blitz degli uomini della Guardia di Finanza risale al 2001, quando in manette finirono dieci infermieri e altrettanti impresari di pompe funebri. Intercettazioni telefoniche e ambientali dimostrarono come gli infermieri delle camere mortuarie segnalassero i decessi in cambio di qualche centinaia di euro. Nessun ospedale rimase estraneo all’inchiesta. I primi arresti riguardarono le Molinette, il San Giovanni Bosco e il Martini. Nel 2003 il racket del caro estinto coinvolse il San Luigi di Orbassano, nel 2007 ancora una volta le Molinette. A quel punto sembrava che il sistema fosse stato scardinato. Ma non era così. Nel 2015 un’analoga inchiesta della procura di Ivrea ha coinvolto alcuni ospedali dell’eporediese: quindici le persone condannate per corruzione lo scorso febbraio.
fonte: www.corriere.it