Si era rivolta al tribunale civile di Torino chiedendo un risarcimento perché gli operatori di un cimitero avevano proceduto alla cremazione della salma del papà senza avvertirla. La battaglia legale, avviata alcuni anni fa, è diventata un vero e proprio caso giudiziario: la Corte di Cassazione, dopo avere esaminato gli ultimi ricorsi delle parti in causa, ha infatti preso atto che in diversi passaggi la vicenda “non ha precedenti specifici di legittimità” in una materia che tocca “interessi della persona inerenti al culto dei defunti sia esigenze delle amministrazioni locali tese a una ottimale gestione dei servizi cimiteriali”.
I supremi giudici, in base al principio che impone l’uniformità della giurisdizione, hanno ordinato che la vicenda venga discussa in una pubblica udienza. La donna aveva fatto causa alla Afc Torino, società concessionaria del Comune per la sepoltura e la movimentazione dei defunti: spiegò che non era stata informata della cremazione della salma perché la raccomandata era stata spedita a un vecchio indirizzo, quello che era stato indicato per fatturare le spese di sepoltura. “Se lo avessimo saputo avremmo scelto la reinumazione”.
In primo grado, nel 2019, ottenne un indennizzo di 5.300 euro. La sentenza fu confermata in appello, dove la somma fu ridotta a 2.500. Nel ricorso in Cassazione la Afc ha sollevato diverse obiezioni: fra l’altro ha spiegato che le informazioni erano state diffuse “per pubblici proclami” sui quotidiani, oltre alle singole raccomandate; poi che non è stato violato il sentimento di pietà perché le ceneri sono state riposte in un’urna con le generalità del defunto e che la cremazione, oltre ad essere ormai “nel costume sociale”, è da tempo ammessa anche dalla Chiesa Cattolica.
fonte: lastampa.it