“Stai zitto, non dire niente a nessuno… Bada alla tua famiglia, pensiamo noi a tutto“. Meglio farlo scomparire, il cadavere di quel manovale rumeno precipitato dall’impalcatura di un cantiere dalle parti di Venaria Reale, nel Torinese: se lo avessero visto i carabinieri, le rogne sarebbero state inevitabili. Assunto al nero; e poi quella caduta dovuta alla mancanza di imbracature mentre, con un martello pneumatico, era alle prese con la stonacatura delle pareti di una villetta da ristrutturare. Ecco perché, durante una mattina del giugno 2009, il corpo senza vita di Mihai Istoc, 45 anni, la moglie e i due figli rimasti ad attenderlo in Romania, venne gettato — come fosse un sacco di spazzatura, e non uomo — dai due titolari dell’impresa edile sotto un divano lasciato in una discarica abusiva tra i boschi dell’Astigiano. Dove dieci giorni dopo venne trovato dai cani di due cacciatori di cinghiali che si erano avvicinati per controllare da dove venisse “quel fetore nauseabondo” nell’aria. Per quattro anni quello di Mihai rimase un cadavere senza nome. Un fantasma sconosciuto all’anagrafe. Sulla lapide unicamente quelle due lettere: “N. N”, non nominato. Una storia non differente da altre che si ripetono in tutta Italia: se si muore sul lavoro, e se non c’è contratto, può capitare che il cadavere sparisca per evitare noie giudiziarie.
Asti. Mihai, morto in cantiere e buttato in discarica: condannati due costruttori.
12 Febbraio 2017, 04:18
nessun commento