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Quando la Chiesa pare lontana dalle reali necessità della gente …

Ha acceso una animata discussione, che si è rapidamente estesa a livello nazionale, la lettera inviata dall’Ufficio Liturgico Diocesano, su incarico del Vescovo di Carpi, a tutte le Imprese Funebri del territorio. Nel documento si danno indicazioni precise sui luoghi in cui è consentito svolgere le esequie e sulle modalità delle stesse. Non entriamo nel merito dei contenuti “liturgici”, certamente espressi con cognizione di causa, tuttavia riteniamo opportuno esternare alcune considerazioni di ordine pratico che forse dovrebbero far meditare anche coloro che, proprio per il loro ruolo di “pastori di anime”, si presume debbano essere particolarmente vicini alle reali necessità di tutte le “pecorelle” assistite.
In una Chiesa che, quanto meno nel suo massimo esponente, dichiara e dimostra autentica attenzione ad una società che muta e che si evolve, appaiono inopportune posizioni drastiche e di chiusura che rischiano di allontanare ancor più i fedeli da una reale partecipazione e dalla condivisione della vita comunitaria.
L’assoluto divieto a svolgere il Rito di Commiato presso “cappelle private, camere ardenti di strutture ospedaliere, strutture protette, pensionati o strutture private di agenzie funebri” non tiene conto di alcune problematiche che, in molte parti d’Italia e maggiormente in una zona ancora “disastrata” per via del terremoto del 2012, complica non poco le possibilità di scelta per famiglie già profondamente provate dal recente lutto subito.
I sacerdoti sono sempre meno, e spesso troppo impegnati nelle loro molteplici attività, per garantire una serena pianificazione del funerale e lo svolgimento di pratiche (la recita del Santo Rosario in presenza del feretro, la benedizione dello stesso al momento della chiusura, la processione alla chiesa e al cimitero, la benedizione del sepolcro, …) che appartengono alle nostre tradizioni e che stanno per lo più scomparendo.
Nelle zone terremotate molte chiese sono diroccate e i riti si svolgono provvisoriamente sotto dei tendoni angusti che, per il caldo o per il freddo, raggiungono temperature insopportabili e scoraggiano la partecipazione dei fedeli.
Definire quindi “illecite” le esequie svolte nei luoghi sopra citati, in alcuni dei quali comunque viene talvolta celebrata la Santa Messa, appare una forzatura inutile e pretestuosa. Come pure quella di recitare, su richiesta dei familiari, una preghiera presso la camera ardente di un defunto che ha chiesto un rito laico in un giorno e in un orario diversi da quello di inizio del funerale.
Le Case Funerarie offrono alle famiglie e ai sacerdoti (non necessariamente i parroci) la possibilità di interagire con la comunità in diversi momenti e con tempistiche e modalità più rilassate e utili a favorire una più serena e consapevole prima stazione del processo di elaborazione del lutto.
Ci rifletta, l’eminentissimo Vescovo di Carpi, e non si neghi al confronto con gli Operatori Funerari che, oltre a svolgere una fondamentale funzione sociale, vivono a contatto con la gente, anche con quella che sempre più si va “disamorando” delle pratiche religiose.

Carmelo Pezzino
Direttore TGFuneral24

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