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“Una settimana e un giorno”: siamo in lutto, eppure vi faremo divertire.

Sette giorni di osservanza del lutto trascorsi in casa, senza andare a lavorare, ad accogliere persone e sbrigare pratiche. È la “Shiv’ah” dettata dalla tradizione ebraica, che scandisce quel periodo di limbo in cui ci si ritrova immediatamente dopo la morte di un congiunto. Detta così suona cupa. Eppure nel sorprendente esordio di Asaph Polonsky, nato a Wasgington DC, ma cresciuto in Israele, regista e sceneggiatore di “Una settimana e un giorno”, si ride, e tanto. Tempi comici scanditi alla perfezione e un vibrante afflato intimo, delicato e mai sopra le righe, riescono a tenersi in magico e coerente equilibrio facendo da sfondo al lento riaffacciarsi alla vita di Vicky e Eyal, una coppia non più giovane.

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