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Il triste giorno delle stelle cadenti.

robin 4La prima volta che incontrai Robin Williams ero molto giovane: io sdraiato sul divano e lui in televisione nelle vesti di Mork, l’esilarante alieno che, spedito nell’astronave “uovo” proveniente dal pianeta Ork, trasmetteva al suo ipotetico chissà dove le isterie, i paradossi e le assurdità del genere umano, affezionandosi ad esse. I personaggi erano geniali, i dialoghi sciolti; e ancora oggi utilizzo quel saluto lesto, “nano-nano!”, ma solo con amici di una certa età, spartendo un complice, nostalgico sorriso. La recitazione del giovane Robin era travolgente e la serie “Mork & Mindy” fu uno dei migliori incontri con quel disinvolto e frizzante umorismo yankee anni ‘60 importato dalla tv commerciale. Fu un fenomeno che fece subito tendenza e che mutò gergo e movenze di molti giovani sedotti da quei miti americani, disinibiti alieni per la nostra tv ancora disciplinata suddita della morale comune. Da quella serie televisiva in poi, il sospetto che Williams fosse davvero un essere venuto da un altro pianeta non mi ha mai lasciato del tutto.

Robin Williams as MorkLa carriera artistica dell’attore calato dallo spazio non poteva che trovare la propria consacrazione in quella Hollywood che sa enfatizzare i talenti di altri mondi. Le sue interpretazioni sono note a tutti, così come i suoi film: da “Good morning Vietnam” a “L’attimo fuggente” e ai molti altri che spesso vengono riproposti sul piccolo schermo raccogliendo sempre favore e audience. Nonostante l’Oscar e il successo, ai miei occhi Robin Williams non ha mai perso quell’essere “uomo dei sogni e delle stelle” senza vanagloria, inalterato genio spontaneo poiché nato così. La personalità più recondita traspare, si trasmette e si diffonde oltre: perfora gli schermi di una tv o di un cinematografo e si travasa, misteriosa onda emotiva, nell’attenzione più recondita di chi osserva, assorbe e si arricchisce contento.

robin 5Lasciando ad altri cronaca dei fatti, ipotesi e concause di una ben triste e sinistra sorte, rammaricato mi soffermo sulla parabola di certe stelle, ahimè cadute presto, sfiorandola soltanto e cercando di non fare altro danno. Sono tanti i sublimi artisti che, ad un punto imprecisato del vivere, iniziano un processo di devastazione del sé che accelera anzitempo il proprio tempo. I nomi sono tanti, i percorsi simili, l’epilogo è quasi sempre funesto. Giudicare è impossibile, immaginare è permesso. Forse genialità, sensibilità, denuncia delle miserie umane e quel misterioso impulso artistico reattivo e intelligente sono espressione del male di un misterioso protagonismo di chi vorrebbe passare alla storia del mondo per averlo guarito con la visionaria bellezza dell’arte, con la recita proiettata in un contesto di eroi in cui essere finalmente se stessi.

robin 3La materialità in cui ci si ritrova divi e complici è più povera, più grigia e più bassa: galleggia cortigiana in un luogo comune chiamato “realtà”. È forse lì che il genio si scontra con una solitudine emotiva che porta ad un intimo, illeggibile, triste isolamento destinato a pochi, selezionati “eletti”: dalla pittura alla musica e ad ogni altra forma d’arte che vive in un’isola che non c’è, dove non contano gli Oscar; ma ben altro è la linea inafferrabile del mondo fantastico di luci e di suoni, di colori e di libertà, detto “fantasia”. Dovessi onorare Robin Williams a modo mio, deciderei di inaugurare l’anno accademico con il giorno dei “tutti in piedi sulla cattedra“. È un messaggio che ci ha lasciato per sempre. Difficile far meglio.

Carlo Mariano Sartoris

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