Capelli lunghi, tecnica individuale notevole, scarsa attitudine per gli schemi, sia in campo che fuori. Avrebbe avuto le potenzialità per una carriera superiore a quella avuta, ma se avesse giocato con Juventus o Milan o Inter, Ezio Vendrame, morto oggi a 72 anni, probabilmente non sarebbe ricordato come genio, sregolatezza, irrequietezza del calcio italiano. Due sono gli accostamenti che ne sono stati fatti: il più gettonato, al limite dello scontato pur essendo Vendrame un giocatore non di quel livello, è quello con George Best, il fuoriclasse nordirlandese tutto talento, bellezza, donne e alcolici.
L’altro (più che altro per la capigliatura e la postura in campo) con l’argentino Mario Kempes. A lui in realtà piacevano tre calciatori su tutti. Della sua tarda adolescenza Gigi Meroni. Della sua epoca calcistica Gianfranco Zigoni, uno capace di andare in panchina con la pelliccia ed il cappello da cow boy in un Verona-Fiorentina perché Valcareggi non lo aveva fatto giocare.
Più avanti Diego Armando Maradona. Tutta gente insomma che con le regole aveva poco da spartire.
Calciatore, poeta, scrittore, uomo insofferente alla forma. Un suo libro ‘Se mi mandi in tribuna godo’ è una frustata agli aspetti spesso ipocriti del mondo, del calcio e non solo.