Il giornalista Franco Di Mare è morto all’età di 68 anni. La notizia è stata data dalla sua famiglia con una nota: “Abbracciato dall’amore della moglie, della figlia, delle sorelle e del fratello e dall’affetto degli amici più cari, si è spento a Roma il giornalista Franco Di Mare”. Di Mare aveva annunciato di avere un mesotelioma, un tumore molto aggressivo, e a lungo era stato inviato nei teatri di guerra della ex Jugoslavia.
Nato a Napoli l’8 luglio 1955, Franco Di Mare si era laureato in Scienze Politiche all’Università Federico II e aveva iniziato la sua carriera giornalistica a “L’Unità” e “Radiocor”. La maggior parte della sua carriera, però, si è svolta in Rai, dove ha lavorato come inviato di guerra, conduttore e poi direttore di RaiTre. Di Mare associava la sua malattia all’esposizione a materiali cancerogeni come l’amianto e l’uranio impoverito durante il suo lavoro nei Balcani, una storia che ha raccontato nel libro “Le parole per dirlo – La guerra fuori e dentro di noi”, pubblicato quest’anno. L’ultimo capitolo del libro è dedicato ai suoi affetti: la figlia Stella, le sorelle, il fratello e la compagna Giulia Berdini, con cui si era sposato pochi giorni prima della sua morte.
Nel libro, Di Mare scriveva: “La guerra è la malattia del mondo. Appena scoppia, è causa immediata di dolori infiniti, disastri, morte.
Ma le guerre continuano a mietere vittime anche dopo che finiscono. Ne è un tragico esempio la ‘Sindrome dei Balcani’, la lunga serie di malattie provocate dall’esposizione ai proiettili con uranio impoverito o dall’inalazione di particelle d’amianto rilasciate nell’aria in seguito alla distruzione di palazzi e complessi industriali”.
Il mese scorso, ospite di Fabio Fazio, Di Mare aveva sconvolto il pubblico raccontando le sue condizioni di salute e denunciando il comportamento della Rai (non la dirigenza attuale, aveva precisato) dopo la scoperta della sua malattia. I vertici Rai avevano poi dichiarato di essere all’oscuro della sua situazione e che la pratica era ferma all’Inail, salvo poi comunicare di aver inviato a Di Mare le informazioni richieste.
Durante la sua carriera, Di Mare si è occupato di politica internazionale, coprendo come inviato i falliti colpi di stato in America Latina, le campagne elettorali presidenziali negli Stati Uniti, in Francia, Bulgaria e Algeria. Ha realizzato servizi e documentari sulla criminalità organizzata sia nazionale (Sicilia, Campania, Calabria e Puglia) sia internazionale (Germania, Russia e Bulgaria). Ha seguito attentati terroristici in Giappone, Russia, Kenya, Egitto, Stati Uniti e Medio Oriente, e ha fatto reportage da aree colpite da calamità naturali come l’Honduras, il Guatemala, il Nicaragua, l’Alabama, l’India, l’Anatolia e la Louisiana.
Nel 2011 ha pubblicato il romanzo bestseller “Non chiedere perché”, dove raccontava la storia di come aveva incontrato in un orfanotrofio una bambina di 10 mesi che poi avrebbe adottato con il nome di Stella. Il libro ha avuto tredici edizioni, ha vinto il Premio Roma e il Premio Fregene, e si è classificato secondo al Premio Bancarella. Da esso è stato tratto il film TV “L’angelo di Sarajevo” con Beppe Fiorello.
La Rai lo ricorda con “dolore e riconoscenza”: “La scomparsa di Franco Di Mare è per la Rai, per la quale si è sempre speso con passione e professionalità, motivo di profondo dolore, al quale si unisce la riconoscenza per quanto fatto nel corso della sua lunga carriera che lo ha spesso visto in prima linea per raccontare coraggiosamente i conflitti nel mondo. Una passione che lo ha accompagnato anche nei programmi condotti successivamente, nei ruoli dirigenziali ricoperti e nell’esperienza del programma di inchiesta ‘Frontiere’, da lui condotto fino al 2023.
Ai suoi familiari va il sincero cordoglio della presidente Marinella Soldi, a nome anche del Cda, dell’amministratore delegato Roberto Sergio, del direttore generale Gianpaolo Rossi e dell’Azienda tutta”.
Il collega Toni Capuozzo ha scritto un commosso messaggio d’addio: “Addio, Franco. Ho scelto, tra le fotografie che ti ricordano, quella più vicina a come eri sui fronti di guerra. Riuscivi a essere elegante anche con il giubbotto antiproiettile, in posti dove era problematico lavarsi. Ed eri elegante nei modi, nella passione che mettevi, nei rapporti tra colleghi – fratelli, ci chiamavi – nell’attenzione verso le persone qualunque, un anziano o un bambino.
Non era difficile volerti bene, e provare nostalgia dei giorni peggiori quando ci si incontrava a un dibattito, e tu eri elegante per davvero. Lasci un vuoto, ma quei ricordi restano. Sei stato generoso perfino nei ricordi. Riposa in pace”.