Sono trascorsi 40 anni dal quel primo vero disastro ambientale italiano, quello del Seveso, e la diossina continua ancora a mietere vittime. Era appena passato il mezzogiorno del 10 luglio 1976 quando nel reparto ‘B’ dello stabilimento Icmesa di Meda la temperatura di un reattore chimico per la produzione di un componente di diserbanti, anche a causa dell’afa, si alza sopra il limite dei 175°C. La valvola di sicurezza entra in funzione, evitando l’esplosione, ma rilascia all’esterno, per almeno mezz’ora, una ”nuvola bianca” contenente circa due chilogrammi di diossina TCDD, una delle sostanze chimiche più tossiche. Il vento fa il resto, spingendola verso i comuni di Seveso, Cesano Maderno, Desio e Meda.
Morte precoce, malattie cardiache, tumori, infertilità: le conseguenze del disastro di Seveso sono ancora numerose.
16 Maggio 2016, 16:35
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