San Saturnino di Cartagine, martire venerato dalla Chiesa cattolica, nacque in Nord Africa nel III secolo e subì il martirio a Roma il 29 novembre 304, durante la persecuzione dell’imperatore Massimiano.
Papa Damaso I, tra il 366 e il 384, ne celebrò la memoria con un’epigrafe che lo ricorda come sacerdote.
La Depositio Martyrum di Filocalo, documento del IV secolo, fissa la sua commemorazione il 29 novembre, data che coincide con la sua decapitazione sulla via Salaria, in compagnia del diacono Sisinno.
Secondo gli Atti del martirio, Saturnino e Sisinno furono imprigionati e sottoposti a lunghi tormenti fisici.
Tenuti quasi a digiuno, furono poi sospesi sull’eculeo (strumento di tortura), percossi con bastoni e flagellati con scorpioni, infine bruciati con fiamme.
Nonostante queste sofferenze, non rinnegarono la loro fede e furono decapitati per ordine del prefetto di Roma.
Dopo la decapitazione, i corpi dei martiri furono sepolti nel cimitero di Trasone, situato lungo la via Salaria Nova.
Successivamente, una basilica fu eretta in loro onore, ma subì un incendio durante il pontificato di Felice IV (526-530). La basilica fu poi ricostruita durante i pontificati di Adriano I (772-795) e Gregorio IV (827-844).
Oggi, le reliquie di San Saturnino sono custodite nella Basilica del Celio, affidata ai padri Passionisti dal 1773.
La chiesa di San Saturnino, a cui è stato assegnato un titolo cardinalizio, sorge ancora oggi a Roma come segno di devozione al santo.