Dieci anni senza Pino Daniele
A dieci anni dalla scomparsa di Pino Daniele, il ricordo dell’indimenticabile cantautore napoletano si fa ancora intenso.
Nel 2025, anno in cui avrebbe celebrato il suo settantesimo compleanno, un regalo straordinario arriva per i suoi fan e per tutti gli amanti della musica: il docu-film “Nero a Metà”, diretto da Marco Spagnoli, verrà proiettato nelle sale italiane il 4, 5 e 6 gennaio. Il documentario, scritto insieme a Stefano Senardi, storico amico e produttore, ripercorre le tappe fondamentali della sua vita e carriera, svelandoci un ritratto intimo e inedito.
L’omaggio di “Nero a Metà”
“Nero a Metà”, il titolo del documentario, è un omaggio all’omonimo album leggendario del 1980, che ci ha regalato capolavori immortali come “I’ say I’ sto cca”, “Alleria” e “Quanno chiove”.
Grazie a testimonianze dirette e a un’accurata ricerca di materiali di repertorio, il film celebra la straordinaria figura di Pino Daniele, un artista che ha inciso profondamente nella cultura partenopea, nella musica italiana e nel panorama internazionale.
Le testimonianze di una Napoli in musica
Il documentario vede la partecipazione di figure iconiche della musica napoletana come Tullio De Piscopo, Tony Esposito, Enzo Avitabile, Teresa De Sio e molti altri. Le interviste ai collaboratori e alle persone che hanno condiviso momenti di vita con Pino ci regalano racconti e aneddoti indimenticabili, che ci aiutano a comprendere meglio l’uomo e il musicista straordinario che era.
La tragica notte del 4 gennaio 2015
La sera del 4 gennaio 2015 Pino Daniele venne colto da infarto nella sua villa a Magliano in Toscana, chiese di essere trasportato all’ospedale Sant’Eugenio di Roma, dove si trovava il cardiologo che lo seguiva da tempo per i suoi. Purtroppo, ogni tentativo di rianimazione fu vano, e alle 22:45 fu dichiarato morto.
La notizia della morte venne diffusa rapidamente nella notte e nella livida alba del 5 gennaio il “popolo” di Pino Daniele, i suoi fan di ogni età (compresa l’autrice di questo articolo n.d.r.), i colleghi e gli amici del mondo dello spettacolo, si ritrovarono increduli davanti alla ineluttabile realtà della scomparsa del sublime compositore e chitarrista, sovrano di quelle 12 battute che fanno del blues un linguaggio romantico rudimentale quanto infinito e universale.
La morte ci aveva portato via il poeta che, nella “sua” lingua napoletana, esprimeva una musicalità che pareva concepita apposta per narrare quel “Sentimento” – con la S maiuscola – che irrompeva in ogni sua canzone.
L’inventore del “Napulitan Sound”
Gianni Minà, in una celebre intervista del 1980, lo definì l’inventore del “Napulitan Sound”, una fusione unica e irripetibile di blues, jazz, rock e sonorità mediterranee. Pino Daniele ha saputo dar voce a una Napoli universale, regalando al mondo canzoni che raccontano sentimenti autentici e profondi.
La magia della voce e della chitarra
Con la sua malinconica voce in falsetto, Pino Daniele ha narrato storie intrise di ironia, provocazione e delicata malinconia.
La sua inseparabile chitarra elettrica era l’estensione naturale della sua anima artistica, strumento con cui creava melodie indimenticabili, esplorando con maestria le infinite possibilità del blues e del rhythm and blues.
Una carriera in evoluzione
Nel corso degli anni, la sua musica ha abbracciato sonorità più complesse, intrecciando jazz ed etnica, collaborando con artisti di fama mondiale e lasciandoci un patrimonio di concerti memorabili. Pino Daniele non era solo un musicista; era un poeta, un visionario, un’anima pura che ha saputo catturare l’essenza più autentica della vita e trasmetterla attraverso la sua arte.
Resta quel che resta
Oggi il vuoto lasciato dalla sua scomparsa è ancora tangibile. Pino Daniele avrebbe avuto ancora tanto da offrire all’infinita galassia dell’arte, ma la sua poesia in musica rimane. Come lui stesso ha scritto in una delle sue canzoni: “resta quel che resta”.
Lo immaginiamo nell’Oltre in compagnia del suo amico Massimo (Troisi n.d.r.) modulare una morbida sonorità in do7 sul manico dell’amata “Paradis“, quella bella chitarra disegnata per lui da un liutaio svizzero, e poi avanzare una richiesta: “Na tazzulella ‘e cafè …”.
Laura Persico Pezzino