Un protagonista del giornalismo italiano e della politica se ne va, lasciando un’eredità indelebile nel panorama mediatico e culturale del Paese.
Il 22 novembre 2008 si spegne Sandro Curzi, figura emblematica del giornalismo e della sinistra italiana.
Con la sua morte, l’Italia perde non solo un cronista appassionato e coraggioso, ma anche un politico impegnato, capace di interpretare e raccontare le trasformazioni sociali e politiche del Novecento.
Gli inizi: dall’impegno politico al giornalismo
Nato a Roma il 4 marzo 1930, Alessandro “Sandro” Curzi manifesta sin da giovane una forte passione politica.
Ancora minorenne, aderisce al Partito Comunista Italiano (PCI), affascinato dagli ideali di giustizia sociale e uguaglianza.
Nel 1949, è tra i fondatori della Federazione Giovanile Comunista Italiana, divenendo uno dei volti più promettenti della nuova generazione di attivisti di sinistra.
La sua militanza politica si intreccia presto con l’attività giornalistica. Curzi comprende l’importanza dei media come strumento per informare e mobilitare le masse. Nel 1959 entra a far parte della redazione de “L’Unità”, il quotidiano ufficiale del PCI, dove si distingue per la sua capacità analitica e la chiarezza espositiva. La sua dedizione e il suo talento lo porteranno, anni dopo, a diventare direttore del giornale.
“Paese Sera” e la cronaca delle rivolte
Dal 1967 al 1975, Curzi ricopre il ruolo di vicedirettore di “Paese Sera”, quotidiano serale romano noto per la sua attenzione ai temi sociali e alla cronaca cittadina. In questi anni, l’Italia è attraversata da profonde trasformazioni: le proteste studentesche del 1968 e l'”autunno caldo” del 1969 segnano un periodo di intensa mobilitazione operaia e giovanile.
Curzi gioca un ruolo fondamentale nella rappresentazione di questi eventi, offrendo una prospettiva attenta alle istanze dei movimenti e contribuendo a dare voce a chi chiedeva cambiamenti radicali nella società.
La sua penna racconta con passione le speranze e le delusioni di un’intera generazione, consolidando la sua reputazione come giornalista vicino alle realtà emergenti.
L’approdo in Rai e la nascita della Terza Rete
Nel 1975, Sandro Curzi entra in Rai, l’azienda radiotelevisiva pubblica italiana, inserendosi nel Gr1 diretto da Biagio Agnes.
La sua esperienza e la sua visione innovativa si rivelano preziose in un periodo in cui la televisione sta assumendo un ruolo sempre più centrale nell’informazione e nella cultura del Paese.
Nel 1978, insieme ad Alberto La Volpe e sotto la guida di Agnes, Curzi contribuisce alla creazione della Terza Rete televisiva, oggi conosciuta come Rai 3. Questo canale si distingue per l’attenzione ai contenuti culturali, sociali e alle realtà locali, diventando un punto di riferimento per un pubblico attento e critico.
Alla guida del Tg3: informazione e pluralismo
Dal 1987 al 1993, Curzi dirige il Tg3, il telegiornale della Terza Rete. Sotto la sua direzione, il Tg3 assume una connotazione fortemente caratterizzata dall’attenzione ai temi sociali, alla politica interna e internazionale, offrendo spesso punti di vista alternativi rispetto ai canali tradizionali. Il suo approccio pluralista e il coraggio nell’affrontare argomenti scomodi gli valgono sia apprezzamenti sia critiche, consolidando però il ruolo del Tg3 come voce indipendente nel panorama informativo italiano.
L’impegno continuo e gli ultimi anni
Dopo una breve esperienza a Telemontecarlo, Curzi torna in Rai nel 2005 come consigliere di amministrazione.
La sua presenza nel CDA rappresenta la volontà di portare avanti un’idea di servizio pubblico attento alle esigenze dei cittadini e al rispetto del pluralismo.
Parallelamente, dal 1998 al 2005, dirige “Liberazione”, il quotidiano del Partito della Rifondazione Comunista. Ancora una volta, Curzi mette al servizio della sinistra italiana la sua esperienza e la sua capacità di interpretare le dinamiche politiche, contribuendo al dibattito interno e alla diffusione delle idee del partito.
Un’eredità duratura
Sandro Curzi lascia un’eredità profonda nel giornalismo italiano. La sua carriera è stata caratterizzata dalla coerenza con i propri ideali, dalla passione per l’informazione libera e dalla volontà di dare voce agli esclusi e agli emarginati. La sua figura incarna l’intellettuale impegnato, capace di coniugare militanza politica e rigore professionale.
La sua scomparsa segna la fine di un’epoca in cui il giornalismo era vissuto come una missione civile, uno strumento per contribuire al progresso sociale e alla formazione di una coscienza critica collettiva.
Oggi, il ricordo di Sandro Curzi resta vivo in tutti coloro che credono in un’informazione libera, pluralista e al servizio della comunità.
“La verità è rivoluzionaria”, amava ripetere Curzi, citando Gramsci. Una verità che ha guidato tutta la sua vita e che continua a ispirare le nuove generazioni di giornalisti e attivisti.