Il 14 settembre 1979 è una data tristemente ricordata nella storia dell’aviazione civile italiana. Quel giorno, il volo AZ 648, operato da un DC-9 della compagnia ATI (Aero Trasporti Italiani), precipitò sulle montagne di Capoterra, in Sardegna, causando la morte di tutte le 31 persone a bordo.
Questo tragico evento ha segnato profondamente l’opinione pubblica e ha sollevato interrogativi sulla sicurezza aerea in quegli anni.
Il volo AZ 648 era un collegamento di linea tra Alghero e Cagliari, con partenza dall’aeroporto di Fertilia e destinazione l’aeroporto di Elmas, a Cagliari.
A bordo del DC-9 si trovavano 27 passeggeri e 4 membri dell’equipaggio, tra cui il comandante Antonio Rinaldi e il copilota Nino Montella, entrambi con molta esperienza alle spalle. Il tempo meteorologico sulla Sardegna quel giorno era particolarmente difficile, caratterizzato da forti temporali, piogge intense e vento.
Nonostante le difficili condizioni meteorologiche, il volo decollò senza particolari problemi da Alghero intorno alle 19:30. La tratta era relativamente breve, e tutto sembrava procedere normalmente fino a pochi minuti prima dell’arrivo a Cagliari.
Mentre il volo AZ 648 si avvicinava alla fase di atterraggio, i piloti furono informati dall’aeroporto di Elmas delle difficili condizioni meteorologiche in zona. Le raffiche di vento e le piogge battenti rendevano complesso l’approccio alla pista. L’equipaggio del DC-9 decise di tentare comunque l’atterraggio. Alle 20:26, i piloti ricevettero l’autorizzazione per la fase finale, quando l’aereo si trovava a circa 20 chilometri dalla pista.
Improvvisamente, i radar persero il segnale del volo AZ 648. L’aereo, in fase di avvicinamento, aveva perso quota rapidamente, schiantandosi contro le colline di Capoterra, a circa 10 chilometri dall’aeroporto. Lo schianto fu devastante: l’impatto fu così violento che non ci furono sopravvissuti. I soccorsi, ostacolati dalle avverse condizioni atmosferiche e dal terreno montuoso, giunsero sul luogo dell’incidente solo diverse ore dopo.
Le indagini successive alla tragedia, condotte dall’Aeronautica Militare e dalle autorità competenti, cercarono di far luce sulle cause dell’incidente. Benché le condizioni meteorologiche avessero avuto un ruolo significativo, l’inchiesta si concentrò anche sugli aspetti tecnici e umani.
Uno degli elementi chiave dell’indagine fu il mancato rispetto dell’altitudine minima di sicurezza durante l’avvicinamento a Cagliari.
L’aereo, secondo le ricostruzioni, volava troppo basso rispetto alla traiettoria stabilita, probabilmente a causa di un errore di calcolo o di disorientamento causato dal maltempo. L’area di Capoterra è caratterizzata da rilievi montuosi, che, in condizioni di visibilità ridotta, possono rappresentare un pericolo mortale per gli aerei in avvicinamento.
L’inchiesta mise in luce anche la possibilità che ci fossero stati errori di comunicazione tra l’equipaggio e la torre di controllo, sebbene non fossero emerse prove definitive a riguardo. L’assenza di strumenti di navigazione avanzati, come i radar meteorologici più precisi, fu inoltre considerata un fattore che avrebbe potuto influenzare negativamente la capacità dell’equipaggio di valutare correttamente la situazione.
La sciagura del DC-9 ATI a Capoterra ebbe un impatto significativo sull’opinione pubblica italiana e sulle istituzioni. L’incidente sollevò un dibattito sulla sicurezza degli aerei civili e sull’importanza di migliorare gli standard operativi e tecnologici, soprattutto in presenza di condizioni meteorologiche avverse.
A seguito dell’incidente, furono adottate misure più stringenti per garantire la sicurezza nelle fasi di atterraggio e avvicinamento agli aeroporti. Venne anche intensificato l’addestramento degli equipaggi per affrontare situazioni di volo critiche e migliorare la capacità di decisione in condizioni di stress. Sul fronte tecnologico, l’installazione di radar più avanzati divenne una priorità, per permettere ai piloti di avere una maggiore consapevolezza delle condizioni atmosferiche che avrebbero incontrato durante il volo.
A più di 40 anni dalla tragedia, il ricordo delle 31 persone che persero la vita a bordo del volo AZ 648 è ancora vivo. Ogni anno, le famiglie delle vittime si riuniscono a Capoterra per commemorare i loro cari, e una lapide è stata eretta in memoria di quella tragica sera di settembre del 1979.
Quella sciagura ha lasciato un segno indelebile nella storia dell’aviazione civile italiana, un monito a non abbassare mai la guardia quando si tratta di sicurezza. Sebbene sia passato molto tempo, il dolore di chi ha perso amici e parenti non si è mai placato, e ogni anno la comunità locale si stringe attorno ai familiari delle vittime per ricordare quella tragedia e onorare la memoria di chi non c’è più.
L’incidente del DC-9 di ATI a Capoterra resta una delle tragedie più dolorose dell’aviazione italiana. Le cause, in gran parte riconducibili alle difficili condizioni meteorologiche e a errori nella fase di avvicinamento, sottolineano l’importanza di un continuo miglioramento nella sicurezza dei voli. Il ricordo delle vittime è un dovere morale, affinché incidenti del genere non accadano mai più e affinché l’aviazione diventi sempre più sicura per chiunque decida di volare.