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11 settembre 1973. Cile: il golpe di Pinochet.

L’11 settembre 1973 segna una delle date più drammatiche nella storia del Cile e dell’America Latina. In quel giorno, un colpo di stato militare, guidato dal generale Augusto Pinochet, pose fine al governo democraticamente eletto di Salvador Allende e diede inizio a una dittatura che sarebbe durata per ben 17 anni.
Nel 1970, Salvador Allende divenne il primo presidente marxista eletto democraticamente in America Latina. Leader della coalizione di sinistra “Unidad Popular”, Allende cercò di attuare una serie di riforme radicali per trasformare il Cile in uno stato socialista. Tra le sue politiche principali vi furono la nazionalizzazione dell’industria del rame e altre risorse naturali, oltre alla riforma agraria per ridistribuire la terra tra i contadini.
Tuttavia, le politiche economiche e sociali di Allende incontrarono una crescente opposizione, sia interna che internazionale.
Gli Stati Uniti, preoccupati dall’ascesa del socialismo in America Latina durante la Guerra Fredda, adottarono una politica di destabilizzazione economica e politica contro il governo di Allende.
Le tensioni aumentarono, il paese entrò in una profonda crisi economica e sociale, con una forte inflazione, carenza di beni di prima necessità e un crescente conflitto tra i sostenitori e gli oppositori del governo.
L’11 settembre 1973, le forze armate cilene, guidate dal generale Augusto Pinochet, lanciarono un attacco decisivo contro il governo.
Le forze militari circondarono il palazzo presidenziale della Moneda, dove Allende si trovava con alcuni fedeli collaboratori.
Nonostante la disperata situazione, Allende scelse di non arrendersi e, durante il bombardamento del palazzo, pronunciò il suo ultimo discorso via radio, in cui difese il suo mandato e la democrazia cilena.
Quel giorno, Salvador Allende perse la vita all’interno della Moneda, in circostanze che sono ancora oggetto di dibattito. Sebbene le versioni ufficiali parlino di suicidio, molte teorie alternative suggeriscono che potrebbe essere stato ucciso.
Con la morte di Allende, Pinochet prese il controllo del paese e instaurò una dittatura militare brutale che durò fino al 1990. Sotto il regime di Pinochet, le libertà civili furono sospese, i partiti politici vietati e migliaia di oppositori politici furono arrestati, torturati e “desaparecidos”. Si stima che almeno 3.000 persone siano state uccise o scomparse durante il regime, mentre altre decine di migliaia furono esiliate o imprigionate.
Sul fronte economico, il governo di Pinochet, con l’aiuto di economisti neoliberali conosciuti come i “Chicago Boys”, attuò una serie di riforme radicali, basate su privatizzazioni, deregolamentazione e tagli alla spesa pubblica. Queste politiche portarono inizialmente a una ripresa economica, ma aumentarono anche la disuguaglianza sociale e la povertà.
La dittatura di Pinochet terminò ufficialmente nel 1990, con un ritorno graduale alla democrazia dopo un plebiscito nel 1988 che respinse la sua permanenza al potere.
Tuttavia, il colpo di stato dell’11 settembre 1973 ha lasciato ferite profonde nella società cilena, che ancora oggi cerca di fare i conti con il passato.
Il dibattito sulla figura di Pinochet rimane estremamente polarizzante in Cile. Da un lato, alcuni lo vedono come il salvatore della nazione che ha salvato il paese dal comunismo; dall’altro, molti lo considerano un brutale dittatore responsabile di gravi violazioni dei diritti umani.
L’11 settembre 1973 rimane una data simbolica, non solo per il Cile, ma per tutta l’America Latina, segnando l’inizio di un lungo periodo di dittature militari nella regione.
Questo evento ha dimostrato la fragilità della democrazia di fronte agli interessi geopolitici e le tensioni interne, e continua a rappresentare un monito sui pericoli dell’autoritarismo e della repressione.

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