“Hiiiit … parade”! Ricordo la radiolina Philips accesa vicino al tavolo e mio padre che protestava, uomo d’altri tempi. “A tavola si fa conversazione, non si legge e non si ascolta la radio” mi diceva, ma non ero certo un figlio perfetto e, soprattutto, il venerdì non ce n’era per nessuno. Era il tempo dei 45 giri.
Hit-parade e tutti i dischi di una intera generazione, hit-parade e i ricordi di un momento lontano, quando la radio trasmetteva ottimismo, trasmetteva emissioni ad … alto gradimento. E lui, Lelio Luttazzi, a fare da mattatore fino a un certo momento, fino a quando fu vittima di certe illazioni su storie di droga che oggi sono quasi dichiarate e che in quel periodo facevano scandalo, vere o false che fossero, e costavano care. Altri tempi … Da quegli anni ‘70 in bianco e nero sono trascorse infinite invenzioni mediatiche che hanno partorito ogni trovata che possa far intrattenimento. Eppure, quegli anni ‘70 furono teatro per spettacoli che oggi paiono talmente lontani, talmente irripetibili, talmente belli, da non essere quasi mai esistiti se non in quella lieve, sommessa porzione ormai sbiadita del loro fortunatissimo tempo. La radio e la televisione erano esempi di un’arte comunicativa ed umoristica parzialmente ereditata dal teatro di maniera, ormai superata da un certo tipo di comunicazione che fa dell’allestimento e della tecnica l’ipnotica arma vincente; ma la dialettica incespica, la conoscenza tentenna.
Lelio Luttazzi ed i bei tempi andati … Comunicavano cultura allora, comunicavano intrattenimento, ma soprattutto comunicavano con garbo e con buona educazione, ammiccando con sagaci metafore che facevano sorridere davvero. Comunicavano in punta di piedi eppure era più che abbastanza. I volti e le voci di quel periodo, così ricco di opulente povertà nei mezzi, erano rispettati, attesi, quasi venerati. Gente di arte e di solide radici elegantemente conficcate in una scuola che selezionava talenti. Lelio Luttazzi, classe 1923, faceva parte di quella allegra, intelligente, erudita carovana. Musicista, compositore, cantante, direttore d’orchestra, valido attore e quindi, quasi per naturale riconoscimento artistico, solo allora e in ultimo, presentatore televisivo e voce radiofonica. Ci voleva una certa attitudine è un bel po’ di formazione per intrattenersi con i mostri sacri di allora, tutti personaggi di altissimo spessore artistico e culturale.
Lelio Luttazzi se ne è andato dagli schermi di codesto ormai confuso e ben più dozzinale mondo. Ha lasciato il suo posto già da tempo ad altri volti e ad altri programmi sebbene, a partire dal 2005, sia stato ospite d’onore di alcune trasmissioni radiofoniche e televisive che gli hanno dedicato un degno riconoscimento. Perdonerete il mio orgoglio nel non essere più un giovanotto, ma più mi immergo nello scorrere del tempo, più divento acido e critico e meno riesco a stanare lo spazio per certi paragoni. Oggi dal video sgorga di tutto. Sgorga un troppo fatto di faciloneria e di improvvisazione. Eppure è nuova arte, è una occasione per tutti, è il segno del tempo che cambia. Spesso annoia, non sempre acchiappa, a volte offende.
Lelio Luttazzi suonava il pianoforte quando in Italia c’era ancora la guerra. Ha iniziato a dirigere l’orchestra della Rai nel 1950, la televisione doveva aspettare ancora quattro anni prima di diventare l’oggetto più desiderato degli italiani. Lelio Luttazzi e “Studio Uno”, Lelio Luttazzi e “Doppia Coppia”, Lelio Luttazzi e “Una zebra a pois”, Lelio Luttazzi e le colonne sonore di eterni film comici dell’inaffondabile Totò. Il suo nome rimarrà per sempre in quella schiera ristretta di pionieri che si inventarono il varietà, colonna portante della televisione di quei tempi, e non solo quello. Lelio Luttazzi fa parte di personaggi indelebili quali Corrado, il vecchio Mike, il maestro Kramer e tanti altri. Fa parte di quel periodo in cui il jazz e lo swing erano l’elegante colonna sonora di canzoncine solo apparentemente futili. Il presentatore, l’uomo ha esaurito il proprio tempo, come accade da che fu la genesi dell’uomo. É andato a restituire la sua anima ovunque sia stata richiesta. Un’anima artistica trova sempre ottime collocazioni nell’aldilà. C’è una hit-parade di stelle che suonano il jazz, così ho sentito dire …
Carlo Mariano Sartoris