Nelle prime ore di mercoledì 24 agosto 2016, un senso di angoscia si diffonde rapidamente tra le comunità del centro Italia.
Alle 3:36, un forte boato scuote la tranquillità della notte: un terremoto di magnitudo 6.0 colpisce con violenza le regioni del Lazio, delle Marche e dell’Umbria.
La scossa, durata 142 interminabili secondi, devasta i piccoli comuni di Accumoli, Amatrice, Arquata del Tronto e la frazione di Pescara del Tronto.
Le prime parole che risuonano nei notiziari sono quelle del sindaco di Amatrice, Sergio Pirozzi: “Il paese non c’è più”.
La terra non smette di tremare. Alle 4:33, una seconda scossa, questa volta di magnitudo 5.3, colpisce Norcia, la città di San Benedetto.
Nel buio, mentre i soccorsi sono ancora in arrivo, le televisioni trasmettono le testimonianze disperate dei sindaci delle zone più colpite. Il sindaco di Amatrice lancia un appello: “C’è gente sotto le macerie, al momento la cosa più importante è sgomberare le strade di accesso per far arrivare i mezzi di soccorso”.
Dall’altra parte, il sindaco di Accumoli, Stefano Petrucci, con voce rotta, descrive una situazione drammatica: “Vedo crolli dappertutto, siamo inermi, non abbiamo mezzi, c’è gente sotto le macerie”.
Le prime luci del giorno rivelano l’entità della catastrofe. Le immagini riprese dall’alto dai Vigili del Fuoco mostrano l’Appennino trasformato in un ammasso di macerie. Interi borghi, un tempo pieni di vita, sono ridotti in rovina. Il bilancio delle vittime continua ad aumentare con il passare delle ore: si contano quasi 300 morti, 299 per l’esattezza, e più di 4.000 persone rimaste senza casa. Nonostante la tragedia, 238 persone vengono salvate dalle macerie. Fabrizio Curcio, ex capo della Protezione Civile, definisce il sisma come un “terremoto severo”, mentre ancora si fatica a comprendere la piena portata del disastro.