È un diabolico, straordinario oggetto quel video che prende vita premendo i pulsanti. Non possiamo farne a meno e ne abbiamo tutti almeno un paio: uno in cucina e un altro là, nel salotto, buono per utopistiche serate rilassanti e per educare platee vogliose di rapido sapere. Magico oggetto capace di suscitare opinioni, di infervorare, di mobilitare momenti di pensiero preconfezionato per chi non ha troppa voglia o ha poco tempo per pensare oltre. Dalla tv ci parlano volti profani di “mostri sacri”: sapienti conduttori, eruditi luminari, provetti esperti di politica, di sport, di etica e di costumi. Li ascoltiamo, ci abituiamo alla loro esuberante presenza e invecchiamo insieme a loro, loro che, nel giusto e nell’errore, ci hanno accompagnati nel crescere informati un po’ di questo e un po’ di quello. I mostri sacri muoiono anche loro: pare quasi impossibile. Il video rimane un po’ più vuoto; diventa difficile riconoscerne o immaginarne altri. I mostri sacri non sono tutti uguali.
Gianfranco Funari era un caso a parte: critico viscerale, appassionato e passionale attore di tante, imbarazzanti battaglie. Uomo diretto, comodo per certe stagioni e scomodo per altre, è rimbalzato da una emittente all’altra, osannato, contestato, cestinato. Amato dal pubblico semplice e domestico. Giornalista dai toni accesi, arguto derivato del cabaret, comunicatore esperto e senza peli sulla lingua, sapeva come accendere l’interesse senza lesinare epiteti forti e scomode trivialità quando, trascinato dal suo tono maschio e forte, ispirato dall’esperienza, anziché moderare il piglio, accentuava il portamento fin oltre il limite, dandogli colore, espressione e inconfondibile vigore. Personalmente, saltando da un canale all’altro, di fronte all’inarrestabile dialettica e al volto di Funari, mi è sempre venuto spontaneo soffermarmi ad ascoltare l’argomento, qualunque esso fosse, politico o no. Il Funari “pentito di essere stato uomo di centrodestra e deluso dal centrosinistra”, in realtà, di schieramenti politici non ne ha mai abbracciati apertamente, ma li ha bacchettati tutti, sì, e sovente con rapido buon senso. Funari l’opinionista, il giornalista, ha infierito per decenni con il suo lessico penetrante, mordace, provocante, sovente sboccato. Sono moduli che appagano i prostrati uomini semplici, odi sovversive per la sofferente massa della gente comune, additando gli intoccabili, gli scandali, i potenti. Mi sono sempre soffermato ad ascoltare, forse mai fino alla fine; qualche volta sono rimasto deluso per l’abuso di sbrigativi luoghi comuni, ma ho sempre apprezzato spontaneità, sagacia e sanguigno stile. A volte l’essere scurrili è un mezzo rapido per dire una verità concentrata in poche parole popolari ben comprensibili a tutti.
Volto inconfondibile, ultimamente anche bello, così bianco e barbuto aveva un’aria ancora più razionale. Ripercorrere la sua carriera è tempo perso; bene o male ogni uomo interessato alle cose del mondo lo ha visto comparire sugli schermi della Rai, riciclarsi in Mediaset e poi, dopo essere stato fagocitato, come spesso capita a chi peli sulla lingua non ha, spedito in purgatorio su emittenti minori (Antenna Tre e Odeon) dove non ha perduto né verve né stile. È un volto che, non appena è scomparso, come tanti altri subito ci è mancato. È un volto che si è sempre messo in gioco, abbordando altri mostri sacri, duettando con loro, polemizzando e trascinando il pubblico con l’inconfondibile accento romanesco che sapeva modulare con arguzia, usando l’espressione del viso dominato dalla bianca, artificiale dentatura che, in perfetta simbiosi con il suo personaggio spontaneo, in una epica occasione si tolse in diretta mostrandola e rispondendo così alla domanda intima e mirata.
Mancherà di sicuro un personaggio così: pochi altri ve ne sono capaci di osare, di dire quel che per i boss del monitor non sempre è gradito, non sempre è comodo, e perciò viene valutato “poco lecito”. Poliedrico showman, ha saputo proporsi in ogni occasione degna di visibilità così come sanno fare attori consumati che, dalla palestra del cabaret, hanno ereditato l’arte di bucare il video. È gente rara e in gamba. Forse non è peccato riportare qualche suo pensiero preso in prestito per questa ultima, inevitabile, triste tappa finale che la vita reclama: “ho capito delle tv una cosa fondamentale: per essere eccezionali bisogna mascherarsi da normali, abbassarsi al gradino più basso, corteggiare le casalinghe… . Ci sono programmi che mettono in moto fortissime correnti di opinione liberata dalla inespressività quotidiana e che scaraventano sullo schermo sentimenti e teorie che si ricompongono presso il pubblico in un disordine pauroso”.
Grazie, Gianfranco Funari! La tv è macchina spietata, ma nello scorrere degli anni si fa galante. Certe tue memorabili sortite rimarranno impresse negli archivi delle emittenti: il tempo reclama in vita protagonisti spesso usati e poi dimenticati. Spesso rivediamo il tuo volto, le tue istintive “sparate” e i tuoi sorrisi sfrontati riproposti in qualche programma che vaa ripescare personaggi e momenti che hanno fatto la storia della televisione e dei nostri nervosi tempi. Se mai nell’aldilà vi è un palco, non ti sarà sfuggito di certo e avrai avuto altro pubblico. Con l’auspicio che tu abbia moderato il cipiglio: dovrebbero esserci persone ammodo, da quelle parti!
Carlo Mariano Sartoris